SHALOM, MAROCCO DEL SALAM. La musica giudaico-marocchina.
Carissime amiche ed amici, eccoci di nuovo insieme al nostro amico Moulay Zidane El Amrani. L’argomento di oggi è un tema “sensibile”, giacché riguarda il rapporto storico ma anche attuale fra musulmani ed ebrei. Proprio la storia dimostra, però, che è possibile convivere pacificamente, condividere territori, tradizioni, cultura e arte, fermo restando l’identità di ciascuno, con il proprio retaggio storico, sociale, culturale, linguistico, religioso e chi più ne abbia più ne metta. Anzi, come amo dire e ripetere nel mio lavoro sulla musica e l’intercultura, il dialogo fecondo e pacifico tra le parti in causa può avvenire a patto che non si verifichi sopraffazione dell’uno sull’altro. Per far questo occorre, appunto, che l’identità culturale di ognuno venga salvaguardata e considerata, trattata alla pari della propria. I periodi fecondi, nella storia, non a caso sono stati caratterizzati da una situazione di dialogo e di reciproco arricchimento interculturale. Pensiamo alla fioritura culturale e artistica di Baghdad, nei primi secoli di dominazione abbaside, o all’Andalusia e alla coesistenza di tre culture, o all’antica Venezia, crocevia di popoli e tradizioni.
Al di là di provocazioni e ideologie, quindi,…e lo ribadisco trattandosi, appunto, di un tema “sensibile”, quello che insieme a Moulay Zidane vogliamo presentarvi è un quadro storico-sociale-musicale, semplicemente una costatazione di fatto: esistono oasi felici in cui la convivenza è possibile. Il Marocco si è dimostrato e si dimostra tuttora terra di accoglienza per gli ebrei e per la loro identità che, mi pare, non mette affatto a repentaglio quella dei musulmani. Anzi, come è successo nell’antica Baghdad, Venezia o nell’Andalusia, la convivenza ha prodotto frutti notevoli, come ci racconterà il nostro amico in questa intervista. Zidane, presentaci tu stesso l’argomento di oggi.
Z.: Ciao Cinzia e ciao a tutte e tutti. Oggi trattiamo un aspetto della musica marocchina poco conosciuto e spesso offuscato da generalizzazioni e da pregiudizi dovuti alle ricadute mediatiche e sociali legate al conflitto arabo-israeliano. Lo facciamo in punta di piedi, accompagnando le tue lettrici e i tuoi lettori verso un’altra ricca dimensione musicale del variopinto mosaico marocchino, ossia: la Musica Giudaico-marocchina.
Non tutti sanno che il Marocco è stato da sempre una terra di accoglienza e di protezione per gli ebrei rifugiati in seguito alle diverse dolorose vagues che li hanno visti perseguitati e cacciati da altri nel corso della storia. Le prime tracce della presenza ebraica in Marocco risalgono addirittura al secondo secolo prima di Cristo, ma la Diaspora era destinata ad aumentare nel corso della storia, specie con gli arrivi in Marocco degli ebrei perseguitati dalla Spagna Visigota nel VII° secolo, da quella cristiana dopo la Reconquista dell’Andalusia del XV° secolo e, notoriamente, dall’Europa nazi-fascista del secondo conflitto mondiale, fino a superare il milione di persone negli anni sessanta del secolo appena passato.
Lo stretto rapporto tra il Marocco e i suoi cittadini di fede ebraica si riassume nella celebre ed emblematica frase del compianto Sovrano marocchino Mohamed V°, quando il governo nazi-fascista francese di Vichy gli chiese l’elenco degli ebrei marocchini al fine di deportarli. Seppur Sovrano di una colonia francese, il Re ebbe il grande coraggio di rispondere: “Non esistono in Marocco sudditi ebrei, ma solo sudditi marocchini”.
C.: Notevole! È stato davvero in gamba Mohamed V°!
Z.: Proprio così. Fatta eccezione per chi non sa o non vuol sapere, il popolo marocchino ha sempre scisso con naturalezza tra Ebraismo e Sionismo. Siamo ben consapevoli che: Non tutti gli ebrei sono sionisti e non tutti i sionisti sono ebrei. La confusione, per chi la fa, è figlia dell’ingenua ignoranza o è strumentale per ragioni politico-ideologiche. Molti ebrei marocchini hanno militato per la causa palestinese e molti ministri ebrei hanno risieduto nei governi marocchini sin dagli anni cinquanta. Mi onora, in questa circostanza, rendere omaggio alla memoria del militante propalestinese e dei Diritti Umani Mr Abraham Serfaty, nonché all’attuale consigliere di Sua Maestà e uomo del dialogo interreligioso, Mr André Azoulay. Tutti e due marocchini di fede ebraica.
La componente giudaica si è integrata in ogni aspetto del tessuto sociale marocchino. Aveva usi e costumi comuni con i vicini musulmani: abbigliamento, cibi, mode, ritmi, musiche e persino la venerazione popolare in comune di molti Santi-uomini e Marabut, benché ognuno dei due gruppi manteneva ben distinti i propri tratti culturali e i propri rituali religiosi. Nel rurale marocchino e nei Mellah, i quartieri ebraici delle città, esistevano persino la lingua giudaico-araba e quella giudaico-berbera, parlate e scritte da molti ebrei.
C.: Come si colloca, quindi, la musica degli ebrei nel tessuto sociale e culturale marocchino?
Z.: Fermi restando la musicalità e i canti con cui si celebra il culto ebraico nelle sinagoghe, quella degli ebrei marocchini è musica marocchina tout court: berbera, arabo-andalusa, Malhoune, Aita, Qasida e soprattutto molto raffinato Shaabi. Generi che abbiamo già conosciuto nelle interviste precedenti, ma ai quali l’apporto ebraico ha aggiunto ulteriore raffinatezza, soavità di melodie e virtuosismi nelle vocalità. Ciò si rileva particolarmente nel genere di Al-Ala, dove la musica Giudaico-andalusa, con le sue sublimi e sofferte aree Sefardite e Flamenco, è parte integrante ed inseparabile della musica marocchino-andalusa, esattamente come erano unite nella loro nativa Toledo del periodo andaluso, quando l’Andalusia era fieramente battezzata “La Spagna delle Tre culture”, ebraica, cristiana e musulmana.
Persino nell’attuale Israele, dove la comunità ebraica più numerosa è quella di origine marocchina, esistono famose orchestre di musica andalusa e cantano prevalentemente in dialetto marocchino e in arabo.
Dal punto di vista sociologico, alla musica giudaico-marocchina veniva concesso ciò che per religione o per tradizione non poteva essere permesso alla musica marocchina in genere. L’erotismo, il vino e la sensualità sono temi ricorrenti, si, anche nei generi musicali marocchini, ma espressi strettamente in chiave metaforica o giocando abilmente al limite del doppio senso nei testi; i cantanti ebrei, invece, potevano cantarli in modo esplicito, tacitamente tollerati dai musulmani, sempre nei limiti del pudore pubblico. Non a caso, tutt’oggi, i cantanti e le orchestre più quotati per animare le feste dei matrimoni della borghesia marocchina sono ebrei. Non sono musulmani e quindi, per tradizione, gli è concesso osare un po’ di più nei canti libertini e nelle parole che la tradizione islamica vedrebbe sconvenevoli in bocca ad un musulmano.
E’ una antica tradizione marocchina, quella di affidare all’ebreo ciò che per un musulmano non è opportuno fare ma “s’ha da fare”, per usare una citazione de I Promessi Sposi. Nella politica erano abili negoziatori, nell’economia fungevano da prestanome e da prestatori di soldi, per via degli interessi sui prestiti, molto malvisti dai musulmani, e nella musica molti sono cantanti un po’ libertini e un po’ osé, che stuzzicano le serate dei marocchini con parole che per un musulmano non è opportuno dire, ma che piace sentire. Un vecchio politico marocchino asseriva ironicamente: “di centro, di destra o di sinistra che sia, ogni marocchino musulmano ha il suo ebreo di fiducia per certe faccende”.
Nelle feste degli ebrei marocchini, invece, oltre alla musica giudaico-marocchina, si ha l’occasione di apprezzare altri canti del patrimonio ebraico klezmer, genere che fonde in sé strutture melodiche, ritmiche ed espressive, ricche e multo fusion, che provengono dalle differenti aree geografiche e culturali con cui il popolo ebraico è venuto in contatto, specie dal Medio-oriente e dai Balcani. Il Klezmer contribuì non poco anche all’evoluzione del Jazz, quando molti ebrei perseguitati nelle sopracitate zone si trasferirono nelle Americhe. Come per lo Youyou, l’urlo di gioia delle donne marocchine, i canti Klezmer si possono udire anche durante i funerali ebraici e non solo nelle gioiose circostanze.
C.: Posso immaginare che, dietro identità culturali così complesse e variegate, come quelle ebraiche che si sono formate, nel tempo, in seguito a diaspore, persecuzioni e continui e forzati adattamenti, si siano formati generi musicali altrettanto variegati e ricchi di significato. Personalmente sono un’appassionata di musica sefardita (ebraico-spagnola) ma anche quella yiddish è stupenda. In Marocco come si sono espressi, musicalmente parlando, i sentimenti ebraici?
Z.: Come ogni forma di pensiero e di espressione, la musica giudaico-marocchina si caratterizza da tendenze diverse, a volte, laceranti ed opposte: da un lato esprime la volontà di autonomia degli ebrei e dall’altro quella dell’integrazione nel loro Marocco del cuore. Tutt’oggi, ogni anno, migliaia di ebrei marocchini, trasferiti in Israele, vengono in pellegrinaggio nei loro santuari in Marocco. Questi sentimenti, assieme alle sofferenze subite dalle diaspore nei secoli, trovano la loro più alta espressione, a mio parere, nel genere musicale della Qasida giudaico-magrebina. Un canto basato sulla narrazione, melodica e ritmata in adagio, di sentimenti, storie vissute e dolorosi aneddoti, tratti dal Zajal , poesia popolare marocchina. La loro Qasida ha una struttura musicale e regole di esecuzione precise, inizia con un Moual introduttivo, fatto dalla sola voce del cantante e qualche strumento che gli regge il Maqam di sottofondo, ma senza ritmi né percussioni. In seguito si attacca adagio il corpo centrale della canzone, ritmica compresa, per poi concludere con un ritmo più sostenuto, a volte allegro con brio.
C.: Se mi parli della Qasida mi viene in mente anche che esiste un collegamento profondo con le tradizioni poetico-musicale legate all’Hijaz, niente meno, indietro nel tempo fino all’epoca pre-islamica. La Qasida era il canto epico per eccellenza, praticato già nelle tribù beduine, veste musicale improvvisata dal cantore-poeta direttamente mentre recitava, intonandolo, il suo poema.
Insomma, nomi e generi poetico-musicali hanno viaggiato nel tempo e nello spazio e, pur modificandosi, ci parlano del legame profondo che unisce popoli e tradizioni, pur distanziati geograficamente, culturalmente, temporalmente. Anzi, se ricordo bene, la qasida veniva praticata in molte corti che, lontane dalla madre-patria, Baghdad, cercavano comunque di emularne il modello culturale e artistico-musicale. Succedeva, appunto, nelle corti di Palermo e di Cordova.
Z Chi dei tuoi affezionati lettori ha seguito con noi le precedenti puntate avrà intuito che la musica giudaico-marocchina, alla pari di quella marocchino-andalusa , è la sintesi popolare della più nobile e famosa Nouba arabo-andalusa. Iniziano spesso nello stesso modo, navigano attraverso vocalizzi di struggente nostalgia, in un oceano di corde leggere e di accarezzate percussioni, per approdare, alla fine, in formidabili ornamenti arabeschi conditi con voci di miele.
Tra i più celebri cantautori della musica giudaico-magrebina cito: Cheikh Mouizo, Cheikh Zouzou, Sami el Maghribi, Salim Hallali, Lili Boniche, Abitbol, Raoul Jouno, tra gli uomini. Leïla Sfez, Habbiba Msika, Louisa Tounsia e Saliha, tra le donne.
Per chi, invece, vuole farsi una sana ed intelligente risata di satira e comicità sull’ebraismo marocchino, basti cliccare sul web il nome Gad El Maleh e la risata è garantita. E’ un mio brillante e talentuoso giovane concittadino di Casablanca, ormai celebre anche in Francia e nel Canada come attore, comico e monologhista, che racconta spunti pungenti e significativi sul suo essere ebreo marocchino.
(P.s. Il dipinto raffigura un matrimonio ebreo a Meknes. Di Eugène Delacroix, esposto al Louvre di Parigi).
C.: Grazie Zidane, e arricchiamo l’articolo presentando anche dei video, suggeriti e commentati da te.
Salutiamo tutti coloro che ci leggono da tempo o per la prima volta, e arrivederci a presto con il prossimo articolo. Un grazie particolare a Zidane per averci regalato il suo tempo e le sue competenze per ben cinque puntate consecutive! Penso che questi articoli abbiano aperto delle finestre notevoli sulla società marocchina e, attraverso la musica, abbiamo conosciuto dal di dentro un pezzo importante del mondo arabo, anche nelle sue aperture e legami con altre e varie realtà. Questo la dice lunga sulla necessità di aprire gli occhi, la mente e il cuore sulle interazioni che, ci piaccia o no, esistono e legano fra loro musiche e arti, luoghi, popoli, lingue, culture e religioni.
Buone cose a tutti!
Cinzia Merletti
Ecco i suggerimenti di Zidane e i suoi stessi commenti ai video:
Z.: Nel primo video di guida all’ascolto, il vecchio Lili Boniche canta “Il n’y a qu’un seul Dieu” (Esiste un solo Dio), canzone leggera, dedicata al rapporto tra arabi e ebrei.
Nel secondo, un gustoso duo tra Sami El Maghribi (ebreo) e Hadj Ahmed Piro (musulmano), due mostri sacri della musica marocchino-andalusa e giudaico-andalusa, a dimostrazione dell’origine identitaria dei due generi gemelli.
Il terzo è un datato, ma bel video di Cheikh Mouizo, che dimostra accademicamente la struttura musicale della Qasida giudaico-marocchina come l’ho spiegata nell’intervista.