di Katia Cerratti
La Casa Bianca sta cercando di usare l’estradizione di Fethullah Gulen per convincere Ankara a congedare Riad dall’omicidio di Jamal Khashoggi, lo riferisce la NBC News.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, secondo quanto riportato dalla NBC News, starebbe dunque cercando di estradare l’imam turco Fethullah Gulen, che vive negli Stati Uniti, per convincere la Turchia a porre fine alla pressione sull’Arabia Saudita per l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi. Il mese scorso infatti, l’amministrazione Trump, avrebbe chiesto alle agenzie di polizia federale, di esaminare vie legali per rimuovere Gulen dal paese, secondo quanto riferito alla NBC da funzionari americani.
L’amministrazione Trump, potrebbe dunque usare l’estradizione di Gulen come ‘merce di scambio’. L’estradizione di Gulen, è da tempo un punto fermo tra Washington e Ankara, la Turchia infatti, ha chiesto più volte agli Stati Uniti di poter condurre l’imam turco a processo per presunti crimini. Gulen, ex alleato politico di Erdogan e del suo Partito di giustizia e sviluppo (AKP), vive in esilio auto-imposto nello stato americano della Pennsylvania. Il premier turco lo accusa di essere il responsabile del tentato golpe del 2016 in Turchia, ma Gulen ha ripetutamente negato di esservi coinvolto.
La NBC News ha riferito che le richieste dell’amministrazione Trump sono state accolte con incredulità e rabbia dai funzionari. “All’inizio c’erano sguardi strabiliati, ma quando hanno realizzato che era una richiesta seria, i ragazzi erano furiosi”, ha raccontato un funzionario.
La Casa Bianca dunque, avrebbe chiesto al Dipartimento di Giustizia e all’FBI di riaprire la richiesta di estradizione della Turchia per Gulen, chiedendo inoltre, al Dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti, di esaminare lo status legale dell’imam nel paese, ovvero specifiche informazioni sul suo stato di residenza negli Stati Uniti, dove vive dagli anni ’90.
L’Alliance for Shared Values, un’organizzazione senza scopo di lucro con sede a New York e collegata al movimento di Gulen, giovedì scorso si è detta allarmata da queste notizie:“Secondo i media, il governo turco sta tentando di trasformare il tragico omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi in una merce di scambio per la sua illegale richiesta ” – ha affermato il gruppo – “L’invio di Gulen in Turchia quasi certamente porterebbe alla sua morte. […] Speriamo e ci aspettiamo che il governo degli Stati Uniti si atterrà a tutte le condizioni delle sue leggi e dei trattati per garantire che venga rispettato il giusto processo”- ha aggiunto la onlus.
Malgrado la Turchia abbia fornito grandi quantità di materiale al Dipartimento di Giustizia e all’FBI come parte delle sue richieste per l’estradizione di Gulen, i funzionari statunitensi ritengono che non soddisfi lo standard richiesto per avviare un’estradizione.
Un funzionario turco, ha riferito alla NBC News che il governo non collega il suo interesse per l’omicidio di Khashoggi all’estradizione di Gulen:“Non vediamo assolutamente nessuna connessione tra i due […] Alla fine vogliamo vedere i fatti da parte degli Stati Uniti in termini di estradizione di Gulen e continueremo la nostra indagine per quanto riguarda l’affaire Khashoggi” – ha affermato. Come riportato dal Washington Post , secondo Erdogan, l’omicidio è stato ordinato ai ‘più alti livelli’ del governo saudita e le pressioni sugli Stati Uniti per chiedere l’assunzione di responsabilità dei suoi alleati a Riad, sono continue da parte del governo turco, in particolare quelle sul potente principe ereditario Mohammed bin Salman.
Giovedì scorso, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni a 17 cittadini sauditi coinvolti nell’omicidio di Khashoggi ma mentre diversi assistenti di alto livello di bin Salman erano nella lista delle persone sanzionate, il consigliere della sicurezza nazionale di Trump, John Bolton, ha affermato di non credere che il principe ereditario fosse coinvolto. I sauditi hanno anche negato con forza che il principe ereditario fosse a conoscenza di quanto accaduto. Tuttavia, giornalisti, gruppi per i diritti umani e critici del governo saudita, ritengono impossibile che bin Salman non sia coinvolto nell’omicidio di Khashoggi.
Turchia e Stati Uniti sono vincolati da un trattato di estradizione ma i due paesi devono soddisfare una serie di procedure legali e standard probatori prima che venga concessa qualsiasi richiesta ufficiale di estradizione. Il Trattato sull’estradizione e la reciproca assistenza in materia penale, è stato firmato tra i due Paesi nel 1979 e comprende 33 reati che costituiscono motivo di estradizione, tra cui omicidio, sequestro di persona, stupro, diffamazione e incendio doloso. Per essere motivo di estradizione, i reati devono essere ritenuti ‘crimini’ in entrambi i paesi, ovvero rientrare nella ‘doppia criminalità’, ed essere punibili con almeno un anno di carcere.
Tuttavia, una clausola del trattato del 1979, stabilisce che l’estradizione non sarà concessa per un reato di carattere politico, o dove l’estradizione cerchi di perseguire o punire una persona a causa delle sue opinioni politiche.
Gulen, dal canto suo, ha accusato Erdogan di adoperarsi per consolidare il suo potere e perseguitare i suoi critici e in precedenza ha esortato gli Stati Uniti a respingere qualsiasi richiesta di estradizione. Amnesty International, già dallo scorso anno, ha anche avvertito che i gulenisti, se estradati in Turchia, sono a rischio maltrattamenti, inclusa la tortura. Erdogan infatti, nel 2016, subito dopo il golpe,minacciò di ripristinare la pena di morte.
Nel periodo dell’alleanza tra Gulen e Erdogan, personaggi legati al movimento Hizmet di Gulen, si infiltrarono in molto rami dello Stato turco, aiutando l’AKP a neutralizzare il potere politico dell’esercito attraverso arresti e procedimenti giudiziari. Nel 2013, tuttavia, i due leader si allontanarono dopo che i gulenisti denunciarono casi di corruzione contro membri dell’entourage di Erdogan.
Dopo il fallito colpo di Stato del 2016, quasi 130.000 lavoratori del settore pubblico sono stati licenziati per decreto durante lo stato di emergenza post-golpe, a causa dei loro presunti legami con i cospiratori, così come con altre organizzazioni terroristiche. Circa 77.000 persone sono state imprigionate in attesa di processo. Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, mercoledì scorso ha dichiarato che il suo ministero ha licenziato il 23% del personale in carriera per i collegamenti con Gulen.
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