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Un’associazione israeliana rompe il tabù sul diritto di ritorno

diritto di ritorno conference_website_banner_0Maannews (06/10/2013)

Traduzione e sintesi di Omar Bonetti

Il diritto di ritorno degli abitanti palestinesi raccoglie un consenso silenzioso e ufficioso in Israele, che lentamente si sta estendendo e attende di entrare apartamente nel dibattito pubblico.

La questione è stata oggetto della conferenza annuale dell’associazione israeliana Zochrot, che s’impegna da tempo a colmare il vuoto e l’ignoranza  nella momoria  degli israeliani ebrei in merito a quello che è successo nel 1948. Tra gli interventi, lo scrittore Israeliano Gideon Levi ha indicato: “organizzare una manifestazione sul diritto di ritorno è ancora considerato dagli israliani un tabù, ma noi non temiamo nulla. Mi è stato chiesto di riferire che questa possibilità, a noi israliani, ci impauriva e preoccupava… ma ora non ci rimane altro che affrontarlo: il diritto di ritorno”. Infatti, la manifestazione, intitolata “Dalla Verità al Rettifica: Il Ritorno dei Rifugiati Palestinesi”, ha avuto luogo a Tel Aviv il 29 e il 30 settembre ed è stata considerata il più grande evento pubblico che abbia mai affrontato questa tematica così delicata.

Tra gli obiettivi degli incontri non vi era soltanto la legalità del diritto di ritorno dei rifugiati palestinesi, ma anche le sue possibili modalità d’implementazione. Tuttavia, restano molti interrogativi: dove andrebbero ad abitare i rifugiati? Che tipo di Stato si creerebbe? Come si potrebbe adattare la società palestinese in diaspora e che significato da al ritorno? Come accetterà la popolazione ebraica la nuova situazione?

La conferenza ha soddisfatto l’impeto degli attivisti palestinesi che lavorano senza sosta per i loro diritti. In Israele abitano decine di migliaia di palestinesi, che sono scappati dai loro paesi nel 1948 e sono nascosti entro i confini del nuovo stato. Nell’agosto del 2012 un gruppo di ragazzi e ragazze palestinesi sono tornati a Iqrit, il loro paese d’origine, ormai distrutto. Nonostante le pressioni israeliane, essi si sono rifiutati di abbandonare le terre dei loro avi per l’ennesima volta.

Khulud Badawi, un’attivista palestinese, ha ricordato: “dobbiamo testare l’esperimento di Iqrit in altre zone… vogliamo rafforzare la nostra consapevolezza e non sarà possibile rendere realtà il diritto di ritorno se prima non può essere applicato a quelli che sono rimasti all’interno d’Israele”. Nel frattempo, anche l’architetto e attivista palestinese Shadi Habib Allah si è impegnato nel campo della pianificazione territoriale, avanzando un progetto edilizio per Lajjun, una località palestinese in Israele. La direttrice di Zochrot, Liat Rosenberg, ha affermato di fronte al pubblico: “il ritorno è un’operazione lunga che non concerne solo aspetti sostanziali e tangibili, ma riguarda la fondazione di una nuova società”. Inoltre,allo stesso tempo, diversi relatori hanno sottolineato che lo stop alla colonizzazione nei Territori Occupati non comporterebbe nessun pericolo per la comunità israeliana ebraica.

Le idee sul ritorno sono molte e vanno di pari passo con la moltitudine dei pensieri dei rifugiati palestinesi. Forse la conferenza non ha rotto a sufficienza il tabù israliano, ma ha rappresentato un barlume di speranza. Come ha espresso il giornalista Gideon Levi: “considerare il ritorno come una questione da non toccare non la rende più difficile, bensì deteriora la situazione… l’unico modo per risolvere il problema è prima di tutto parlarne”.

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