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Una nuova attività diplomatica in Medio Oriente

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Di Raghida Dergham. Al-Hayat (14/08/2015). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello.

C’è stata una raffica di idee, talvolta convergenti e altre divergenti, volte a portare la Siria verso una nuova fase. Tuttavia, i meccanismi per realizzare la transizione rimangono scarsi e soggetti a diverse interpretazioni, priorità e alleanze. Mosca e Washington continuano ad essere su lunghezze d’onda diverse riguardo al destino di Assad. Un denominatore comune tra l’iniziativa russa, l’iniziativa iraniana e l’iniziativa dell’inviato delle Nazioni Unite Staffan De Mistura è che tutti ignorano il comunicato di Ginevra. Comunicato che prevede la creazione di un organo di governo con pieni poteri che riunisce il regime e l’opposizione con lo scopo di sostituire il regime e mettere fine al monopolio di Assad in Siria. Mosca, Teheran e De Mistura di fatto però vogliono che i Paesi del Golfo accettino un ruolo centrale di Teheran nella risoluzione della crisi siriana.

I quattro punti dell’iniziativa iraniana sono: un cessate il fuoco; un governo allargato di unità nazionale; una modifica della Costituzione per tutelare dei diritti delle minoranze; infine, delle elezioni supervisionate da osservatori internazionali. Chiaramente, questa iniziativa non si inserisce affatto nel quadro dei sei punti di Ginevra. A prima vista, i quattro punti possono sembrare ragionevoli. Ma scavando più a fondo le cose risultano diverse. Ad esempio, per quanto riguarda il cessate il fuoco, ci si è domandati se Teheran vuole legittimare le milizie che ha creato in Siria. Altri si sono chiesti cosa significherebbe un cessate il fuoco senza la partecipazione di Daesh (ISIS). Il governo nazionale allargato, poi, è chiaramente l’antitesi dell’organo di governo con pieni poteri. Teheran vuole anche modificare la costituzione per garantire i diritti delle minoranze etniche e religiose e ciò riporta alla mente l’accordo di Taif in Libano. Questo, in sé e per sé, significa che l’Iran vuole essere lo sponsor di emendamenti costituzionali in Siria.

Le iniziative iraniane, russe e di De Mistura, quindi, consacrano l’Iran come un attore chiave in Siria e, parallelamente, si configurano come un colpo di Stato al comunicato di Ginevra. In altre parole, le tre iniziative cercano di aggirare il problema Assad, infatti le sue dimissioni prima o dopo la fase di transizione non sono più esplicitamente richieste, mentre il focus è tutto sulla necessità di sconfiggere Daish e di arrivare a una soluzione politica.

Se Mosca ritiene che le dimissioni di Assad potrebbero compromettere la guerra contro lo Stato islamico, Washington, al contrario, ritiene che per prevenire la caduta del regime occorra rimuovere Assad, anche se gradualmente, come suggerito da Obama la scorsa settimana. Questo perché non tutte le forze necessarie a combattere Daesh, dalla Turchia al Golfo, passando per l’opposizione armata moderata, accettano che la sconfitta del Califfato implichi necessariamente che Bashar resti al potere.

In questa fase le iniziative diplomatiche abbondano: si parla di colloqui estesi che riuniscono le potenze regionali, tra cui Egitto, Iran e Turchia, ma anche di contatti tra Stati Uniti e Russia con Arabia Saudita, Iran e Turchia. La novità principale in queste negoziazioni è la riappacificazione tra Washington e Mosca sulla Siria. In pratica, gli Stati Uniti se ne sono lavati la mano e hanno lasciato il campo alla Russia. Questa nuova retorica cordiale si è espressa anche nell’incontro di Doha, tenutosi la scorsa settimana, nel corso della quale Lavrov e Kerry hanno lanciato la loro iniziativa diplomatica con i paesi del CCG.  Durante questa riunione, inoltre, sono emersi segnali di accordo russo-sauditi su diverse questioni, tuttavia persistono le divergenze sul destino di Assad e sul comunicato di Ginevra.

I colloqui sulla questione iraniana sono andati oltre il programma nucleare e hanno riguardato anche il ruolo regionale di Teheran. Mosca si è soffermata sul tema del terrorismo. La Siria è una priorità assoluta per essa. E il suo rapporto con l’Iran è uno di alleanza. Nel frattempo, la diplomazia russa è soddisfatta dello stato attuale delle relazioni con l’amministrazione Obama e vuole continuare a dialogare con l’Arabia Saudita.

Ma ciò che conta non è solo quello che Mosca e Teheran vogliono in Siria e dai Paesi del Golfo, o quello che Washington vuole in virtù del suo impegno con Teheran e dell’aver rimesso a Mosca  il compito di gestire le soluzioni regionali. Ciò che conta è che gli sforzi diplomatici in corso hanno portato a una qualche svolta e questo ha bisogno di una profonda analisi perché la nuova retorica russo-iraniano-americana è sofisticata e l’inviato delle Nazioni Unite De Mistura ha aggiunto un tocco italiano a questa ambiguità.

Raghida Dergham è editorialista e corrispondente diplomatica di Al-Hayat.

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