Di Behlul Özkan. In Al Jazeera (27/07/2015). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti.
Al momento, nessuna mente lucida penserebbe che l’ambiente politico turco sia in forma. La politica estera praticata dal Partito Giustizia e Sviluppo (AKP), che non lascia spazio a compromessi, ha già portato a un parziale isolamento regionale della Turchia. Seppur per motivi diversi, infatti, lo Stato ha ritirato i propri ambasciatori da cinque Paesi mediorientali (Yemen, Siria, Egitto, Israele e Libia). Poi, ci sono ulteriori fattori di destabilizzazione da tenere in considerazione, come l’eventualità di subire azioni da parte di Daesh (ISIS) e il conflitto con la minoranza curda.
Per quanto riguarda il primo caso, l’attacco che Daesh ha condotto contro gli attivisti di Suruç presagisce che nuova violenza potrebbe filtrare dalla Siria in Turchia. Del resto, dei novecento chilometri che separano i due Stati soltanto una piccola porzione è controllata dalle forze di Assad. Il resto è nelle mani di diversi gruppi: il Fronte Islamico, l’Esercito Siriano Libero, Daish, il HDP e lo YPG. Inoltre, ora che anche la Turchia ha iniziato a bombardare le postazioni di Daesh in Siria, il timore di nuovi attentati si è fatto ancora più vivo.
L’incertezza della politica turca non è causata soltanto da Daesh, ma anche dal conflitto con la minoranza curda. Infatti, nonostante che dal 2013 si siano avviati i negoziati con Abdullah Öcalan, il leader imprigionato del PKK, al momento tutto è fase di stallo. Comunque la situazione continua a evolversi. Lo YPG, che è legato al PKK, controlla una vasta area nel nord della Siria, una regione conosciuta come Rojava. Questo elemento rappresenta un punto di svolta nella storia del PKK, poiché per la prima volta il movimento curdo è divenuto un attore politico “pseudo-statale”, simile alla regione autonoma del Kurdistan in Iraq.
Infatti, i curdi turchi non stanno semplicemente a guardare passivamente gli sviluppi dalla propria comunità. Per esempio, molti di loro hanno attraversato il confine, unendosi allo YPG. Inoltre, l’HDP, anch’esso legato al PKK, ha duplicato il numero di voti nelle scorse elezioni, guadagnandosi ottanta seggi al parlamento.
Ciononostante, è impossibile che il movimento politico curdo possa consolidare le proprie vittorie senza un cessate il fuoco duraturo. Nello specifico, dopo che le forze aeree turche hanno attaccato le postazioni del PKK nel nord dell’Iraq, non soltanto ha fatto seguito la rappresaglia dei curdi contro il personale di sicurezza turco, ma il PKK ha dichiarato nullo e privo di valore l’accordo di cessate il fuoco che era stato raggiunto.
In definitiva, le forze governative dell’AKP sembrano voler far guerra simultaneamente a due nemici diversi (che, tra l’altro, si stanno già combattendo l’un l’altro), cercando anche di formare una coalizione con i propri opponenti politici. Indebolito dalla perdita di un’assoluta maggioranza parlamentare, l’AKP sta affrontando una serie di crisi senza precedenti, trovandosi, di fatto, in una situazione d’impasse interno e regionale.
Behlul Özkan è professore presso l’Università Mamara di Istanbul.
I punti di vista e le opinioni espressi in questa pubblicazione sono di esclusiva responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente il punto di vista di Arabpress.eu
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