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Turchia: Daish e il dilemma del Pkk

Turchia

Di Semih Idiz. Hurriyet Daily News (18/09/2014). Traduzione e sintesi Carlotta Caldonazzo.

Il governo di Ankara, guidato dal Partito Giustizia e Sviluppo (Akp) è nel mirino di analisti e politici internazionali, accusato più o meno velatamente di aver tacitamente tollerato o peggio sostenuto Daish (conosciuto in Occidente come ISIS). Ma questa è solo una delle tante “strane” evoluzioni geopolitiche che da sempre interessano la regione.

L’ascesa dei cartelli del jihad pone la Turchia di fronte a una serie di dilemmi. Se si hanno a disposizione solo cattive alternative, di solito si opta per il male minore. Così ha fatto Ankara in Siria, sostenendo i gruppi dell’islam politico, come al-Nusra, nonostante ricorressero spesso a tattiche terroristiche. Così probabilmente avrebbe fatto con Daish se questi non avessero iniziato a combattere contro formazioni islamiche rivali regalando il vantaggio sul campo al regime siriano di Bashar al-Assad. L’attuale primo ministro ed ex ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoğlu lo aveva persino definito un alleato segreto di Damasco.

La stessa logica si realizza nella repentina conquista di legittimazione internazionale messa a segno dal Partito dei lavoratori curdo (Pkk), che i media occidentali cominciano a presentare come un’organizzazione utile contro Daish, nonostante sia ancora considerato un’organizzazione terroristica da Stati Uniti e vari Paesi europei. Insomma, il male minore a confronto con lo spauracchio jihadista. Ankara intanto teme che le armi inviate da diversi Paesi del mondo in Siria e Iraq finiscano nelle mani dei suoi combattenti. Tuttavia, a causa del valore da essi dimostrato nel Nord dell’Iraq settentrionale a sostegno dei curdi yazidi, per la Turchia è sempre più difficile continuare a demonizzarli.

L’unica soluzione razionale dunque è accelerare il processo di riconciliazione con il Pkk e firmare un accordo che soddisfi entrambe le parti. Il presidente turco Recep Teyyip Erdoğan e Davutoğlu hanno più volte mostrato il loro impegno in ciò che viene definito l’ “apertura curda”. Dall’altra parte del tavolo delle trattative si chiede ora ad Ankara un atteggiamento diverso nei confronti del Pkk e della sua guida, Abdulla Öcalan, che rischia di rimanere a vita nel carcere di İmralı, ma resta il principale interlocutore nel processo di riconciliazione.

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