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Tunisia sei anni dopo: tra passi indietro e speranze

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Il “matrimonio” tra Ennahda e Nidaa Tounes, non abbastanza maturo, ha messo a nudo i suoi punti deboli al cambiare degli eventi

Di Habib al-Mubaraki. Al-Arab (20/12/2016). Traduzione e sintesi di Maria Antonietta Porto.

I tunisini hanno scommesso moltissimo sulla rivoluzione e sui loro sogni, talvolta annegati nei contrasti, altre volte nell’accettazione dei propri difetti e nella volontà di volerli superare. Come ogni anno, partendo dalla data dello scoppio della rivoluzione del 14 gennaio 2011 – nonostante la divergenza di opinioni sulla data effettiva, che alcuni fanno risalire al 17 dicembre 2010 – i tunisini cercano di attribuire una connotazione speciale a quest’anniversario, simbolo della caduta di un regime dittatoriale che ha aleggiato sul Paese per ben 23 anni.

Il problema non è la data della rivoluzione o il suo inizio, la questione riguarda il risultato finale, il raccolto di anni di carestia attraversati dal popolo. Cosa è stato realizzato dopo il susseguirsi di otto governi dai quali i tunisini non hanno ricevuto che promesse e programmi?

Che ne è stato della giovane democrazia che cieca, avanza a tentoni, appoggiata al suo bastone? Attualmente, nella mente di ogni tunisino c’è solo il ricordo di quel giorno in cui si è andati alle urne, sperando di salvare il proprio sogno che, invece, svanisce ogni giorno.

La crisi si è aggravata, la violenza dilaga dentro e fuori il Paese e un’intera generazione di giovani è andata perduta, gonfiando le fila dell’organizzazione criminale più potente al mondo, Daesh (ISIS).

Inaspritasi dopo le uccisioni di Chokri Belaid e Mohamed Brahmi – delle quali Ennahda fu accusata – la crisi di governo continua, con forti ripercussioni interne. Le due morti hanno aperto gli occhi al popolo tunisino, disonorando la falsità dell’islam politico, penetrato nello Stato in profondità.

La situazione è fortemente peggiorata dopo la nascita travagliata del partito Nidaa Tounes – diviso in due – e con le dimissioni, ed espulsioni, di alcuni suoi principali leader, come quanto avvenuto nei giorni scorsi.

Nella nebbia che avvolge il panorama politico, la rivoluzione non è più significativa. Sembra che i tunisini siano stufi anche soltanto di parlarne e di come la cosa circoli sui media.

Gli osservatori delle vicende del Paese affermano che c’è una forte speranza, uno spiraglio di transizione democratica; il Paese può essere un esempio positivo. Le grandi sfide economiche richiedono uno sforzo congiunto da parte di tutti i tunisini, nonché un sostegno concreto, affinché i sogni possano trasformarsi in realtà.

Il giorno dei conti politici è ancora lontano e la Tunisia ha bisogno di tutti i provvedimenti possibili e di tutte le proposte avanzate per raggiungere un accordo condiviso dall’intera società, senza eccezioni: dai politici, dalla società civile, dalle organizzazioni dei sindacati, sperando nel risveglio del Paese e di ripristinare il sogno rubato della rivoluzione.

La porta della speranza è ancora aperta, verso nuovi esperimenti di successo, basati sul duro lavoro, sull’impegno e sul sacrificio, persino di quanto di più prezioso si possiede. Questo non è un sogno, ma una realtà a portata di mano per i il popolo tunisino, che ha tutti gli ingredienti per soffocare le aspirazioni dei più disonesti.

Habib al-Mubaraki è uno scrittore tunisino.

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