Esercizio quotidiano del diritto alla libertà di espressione, e di comunicazione. Questo è il lavoro delle 12 radio pirata, libere ed indipendenti che navigano le impervie onde radio tunisine.
Per 23 anni l’informazione in Tunisia è stata monopolio assoluto della dittatura di Ben Ali, che attraverso la censura e l’aggressione ha mantenuto il controllo totale dei mezzi di comunicazione impedendo alla popolazione di esercitare il suo diritto di accedere ad un’informazione libera ed indipendente.
In un paese come la Tunisia dove la televisione era la roccaforte del potere e internet non riesce ancora a connettere la totalità delle persone, lasciando fuori sopratutto le zone più decentrate del paese e le classi più povere della popolazione; quale mezzo migliore della radio per entrare nelle case rompendo il muro del silenzio, o del conformismo dell’informazione istituzionale? E come fare per aggirare l’ostacolo del monopolio statale delle frequenze radio se non con la pirateria?
Trasmettendo dai tetti dei palazzi di Tunisi, o dalle miniere di Gafsa, le radio pirata hanno dato voce alle proteste rivoluzionarie, contribuendo a diffondere le notizie e a fornire un canale di comunicazione libero ed indipendente.
Radio Kalima, Radio 6, Sawt al Menajem, Ibtissama FM, sono solo alcuni dei nomi di queste stazioni che da prima della rivoluzione lottano per l’affermarsi in Tunisia del diritto d’espressione e di informazione. Dopo la caduta del regime di Ben Ali, questi emittenti, rassicurati anche da false promesse della Troika governativa, attendevano fiduciosi una rapida regolamentazione del settore delle trasmissioni radiovisive, che ponesse innanzitutto fine al monopolio radiofonico statale. Speravano quindi di poter ammainare le vele delle loro navi e metter fine alla loro attività pirata. Così però non è stato.
Per i due anni che hanno seguito la rivoluzione tunisina, dopo aver placato gli animi con il rilascio di licenze temporanee per l’utilizzo delle frequenze, il governo ha tenuto in ostaggio i media nazionali, rimandando ad oltranza le riforme necessarie e imponendo delle tasse di utilizzo proibitive (dai 50.000 ai 100.000 euro l’anno secondo il raggio di copertura) che hanno impedito alla stragrande maggioranza di queste stazioni di mettere in atto le procedure di regolamentazione.
Le radio indipendenti si sono mobilitate per spingere il governo a portare avanti la riforma del settore, ma le autorità competenti hanno lasciato inascoltate le istanze del sindacato delle radio libere (STRL) e i numerosi rapporti pubblicati da organismi internazionali come Reporter Senza Frontiere che ritraevano la situazione disastrosa dei media nazionali e della libertà di espressione.
Solo lo scorso 3 Maggio, giornata internazionale della libertà di stampa, il Presidente tunisino ha annunciato la creazione di un’Autorità Indipendente delle Trasmissioni (HAICA), segnando un passo importante per la rivoluzione dei media tunisini. La strada da fare però è ancora tanta.
Le radio indipendenti locali e nazionali, svolgono un ruolo rivoluzionario nel panorama dei media tunisini. Esse offrono ad una popolazione abituata a sorbire passivamente una narrazione mediata dall’autorità centrale, la possibilità di scelta e non solo. Luoghi di dibattito plurali ed indipendenti, megafoni delle istanze e delle problematiche sociali locali e nazionali, strumenti che forniscono una formazione reale a giovani giornalisti, questo e molto altro si racchiude all’interno di queste radio. Può tutto ciò non far paura all’élite al potere? Se la risposta fosse sì la Tunisia potrebbe ufficialmente dichiarare vinta la sua lotta per la democrazia.
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