La militante tunisina, Amina Sboui, liberata a inizio agosto dopo due mesi e mezzo di detenzione, ha annunciato martedì di lasciare il gruppo femminista Femen, che accusa di islamofobia e di finanziamenti opachi. “Non voglio che il mio nome sia associato a un’organizzazione islamofoba. Non ho apprezzato l’azione durante la quale le ragazze gridavano Amina Akbar, Femen Akbar (una parodia di preghiera) davanti all’ambasciata tunisina in Francia o quando hanno bruciato la bandiera del Tawhid (dogma fondamentale dell’Islam) davanti alla moschea di Parigi” ha detto all’Huffington Post. “Questo ha toccato molti musulmani e molti dei miei cari. Bisogna rispettare la religione di ognuno”.
Amina si riferisce a due azioni delle Femen in Francia portate avanti per sostenerla quand’era in detenzione provvisoria. L’incarcerazione era stata causata dal fatto di aver dipinto a metà maggio la parola “Femen” sul muretto di un cimitero di Kairouan (150 km a sud di Tunisi) nello scopo di denunciare un raggruppamento di un movimento salafita vietato dalle autorità.
La ragazza, 18 anni, ha inoltre criticato l’opacità del finanziamento del movimento Femen, fondato in Ucraina e che trova ormai base a Parigi. “Non conosco le fonti di finanziamento del movimento. L’ho chiesto più volte a Inna (Shevchenko, a capo delle Femen) ma non ho mai ricevuto una risposta chiara. Non voglio appartenere ad un movimento dove circola denaro di origine incerta. E se fosse Israele a finanziarlo? Voglio saperlo”, ha spiegato Amina, che ora dice di essere “anarchista”.
La liceale si era fatta conoscere a marzo sotto lo pseudonimo di Amina Tyler, pubblicando su Internet delle foto a seno nudo e dichiarandosi affiliata alle Femen, mossa che l’ha portata a subire minacce da parte dei salafiti. D’altra parte ha pubblicato la settimana scorsa un nuovo scatto a seni nudi dove la si vede accendere un cocktail Molotov per denunciare la grave crisi politica nel paese. L’opposizione sta chiedendo in effetti le dimissioni del governo diretto dagli islamisti a seguito dell’assassinio, il 25 luglio, del deputato Mohamed Brahmi, attribuito al movimento jihadista.
Francesco
20 Agosto 2013Bisognerebbe far presente ad Amina che quella del rispetto è una spina dolorosa e antica: non può chiedersi rispetto se non si è disposti a darlo, se si è anzi fermi su una posizione oltranzista e fanatica. Le Femen rispondono ad uno stato di fatto, costituito dalla negazione da parte del mondo islamico (e cristiano) di qualsiasi diritto da parte di chicchessia che non si pieghi alla NONragione della propria ideologia religiosa.
Il presunto finanziamento da parte di Israele alle Femen è poi il segnale che questa ragazzina non ha retto la pressione di stampo terroristico della società musulmana, a cominciare dalla sua propria famiglia.