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Terrorismo: dalla paranoia all’Apocalisse

Terrorismo Tunisia
Terrorismo Tunisia

Di Meriem Ben Nsir. L’Économiste Maghrébin (08/03/2016). Traduzione e sintesi di Laura Giacobbo.

Il terrorista è pragmatico e ha tracciato un percorso al di là delle norme sociali. Anche se questi “pazzi” dell’ideologia estremista non lo sono dal punto di vista medico, c’è un legame tra la loro estrema violenza e alcune caratteristiche patologiche.

Secondo Kruglanski e Fishman – ricercatori di psicologia sociale – “è noto che fattori situazionali come la povertà, l’oppressione politica o la carenza di educazione non sono le ‘radici’ del terrorismo, sebbene in certe circostanze la personalità e la situazione possano far precipitare nel terrorismo”.

Nonostante questa diversità di profili, gli individui che hanno scelto la via del terrorismo si riuniscono intorno a un carattere comune: la paranoia. La loro ideologia è, infatti, basata principalmente su un discorso dal tono paranoico di “noi contro di loro”. Un tratto comune a molti terroristi di fedi diverse.

Durante gli attacchi di Ben Guerdane, gli abitanti del posto affermano che i terroristi hanno chiesto loro di non farsi prendere dal panico, come per dire che loro erano lì per proteggerli da una minaccia imminente: ma quale?

Uno dei “punti forti” del sedicente Stato Islamico è il fatto di aver saputo attirare, con grande abilità, un vasto pubblico con un discorso basato principalmente sulla sensazione di persecuzione, presentando questa organizzazione come un baluardo contro l’imminente pericolo dell’imperialismo. Essa ha saputo approfittare delle conseguenze della presenza militare americana in Iraq. Non solo: anche del rimodellamento geopolitico che ne seguì, per instaurare all’interno della comunità sunnita – e non solo nella regione – un senso di ingiustizia e minaccia permanente.

Eppure Daesh (ISIS) non gioca sulla corda sensibile del senso di persecuzione. Esso fa anche appello alla fantasia dei suoi simpatizzanti, arruolandoli in una guerra non come le altre.

Inoltre, l’organizzazione gioca su alcune coincidenze: i luoghi (Siria, Iraq, Gerusalemme), le circostanze politiche (guerre civili, colonizzazione) per creare uno scenario ben costruito: quello del piccolo gruppo dei “buoni musulmani” tra i “cattivi” che combattono contro gli infedeli.

Il terzo numero di Dabiq (rivista di propaganda jihadista di Daesh) dal titolo “Una chiamata alla hijra“, fa il parallelo con la migrazione del Profeta Muhammad accompagnato dai primi fedeli a Medina. Così è giunta l’ora (secondo loro) di assicurarsi un posto in paradiso – tra gli ultimi ancora disponibili!

Una delle soluzioni per far ragionare le future reclute di questa organizzazione, non sarebbe di ricordare loro che solo il Divino è in grado di sapere quando l’ora arriverà?

Meriem Ben Nsir è una giornalista per l’Économiste Maghrébin.

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