di Max Fisher (Washington Post 15/08/2013). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.
Nel suo discorso di ieri, il presidente Obama ha evitato di riferirsi a una eventuale riduzione o cancellazione degli 1,3 miliardi di dollari annuali che gli Stati Uniti forniscono all’Egitto e di cui gran parte va all’esercito. Gli aiuti sono stati una delle caratteristiche primarie della politica statunitense in Medio Oriente da quando, nel 1979, sono stati sanciti con gli Stati Uniti che hanno mediato gli accordi di Camp David tra Egitto ed Israele. Malgrado la scarsità di segnali nella direzione di un taglio agli aiuti verso l’Egitto, Obama ha lasciato uno spiraglio sufficiente a riportare sulla scena un dibattito di vecchia data a Washington. Gli aiuti sono positivi o negativi?
Motivi per mantenere gli aiuti
1) L’Egitto è una grande nazione, importante sul piano strategico, e gli Stati Uniti hanno molto in gioco nel mantenere un rapporto funzionante col suo governo ed il suo esercito. L’anti-americanismo è alquanto forte in Egitto: è ragionevole credere che i rapporti si deteriorerebbero se venisse a mancare questo aiuto monetario che tiene insieme i due Paesi.
2) Gli aiuti istituzionalizzano i rapporti tra Stati Uniti ed Egitto, riunendo funzionari civili e militari delle due parti, e permettendo loro di costruire rapporti personali in grado di contare molto in diplomazia. Nella crisi all’inizio di luglio, poco prima del coup militare, il rapporto personale tra il Segretario della Difesa statunitense Chuck Hagel e il generale Abdel Fattah al-Sisi è stato – secondo un alto funzionario amministrativo – “praticamente l’unico canale comunicativo percorribile”.
3) I ricchi Paesi del Golfo come Arabia Saudita ed Emirati riempirebbero forse volentieri qualsiasi vuoto lasciato dagli Stati Uniti. Chissà in quale direzione condurrebbero la politica interna ed estera egiziana?
4) Tagliare gli aiuti isolerebbe a livello diplomatico l’Egitto, dove molti sono già scettici verso l’Occidente: i leaders avrebbero molto meno da temere nel compiere atti che condurrebbero il Paese alla deriva.
Motivi per tagliare gli aiuti
1) L’amministrazione Obama non auspica i coup dell’esercito egiziano, né tantomeno che questo apra il fuoco in proteste perlopiù pacifiche. Ma quando rifiuta di chiamare tale un “coup” e risponde alla morte di oltre 600 persone con una retorica condanna ma scarso cambiamento di rotta nella sua politica, l’amministrazione sta comunicando che in qualche modo tollera questo tipo di azioni. Una decisione contro il tagliare gli aiuti è anche una decisione per farli proseguire: un modo passivo e tuttavia implicito di mostrare sostegno verso qualcosa che gli Stati Uniti in realtà non vogliono supportare.
2) Sarebbe un gesto simbolico a favore dei diritti umani e della democrazia. Come ha scritto Marc Lynch: “Prendere una posizione (seppur tardiva) è l’unico modo in cui gli Stati Uniti possono riacquistare credibilità: col Cairo, con la regione e con la stessa retorica americana democratica a brandelli”.
3) L’esercito egiziano si è trovato a proprio agio nel provocare due volte gli Stati Uniti nelle ultime sei settimane. Prima, quando Washington gli ha detto di non proseguire col coup. Poi, quando gli ha sconsigliato di attuare alcun giro di vite. Quindi, o l’esercito egiziano non si cura dell’opinione degli Stati Uniti, oppure ritiene che questi ultimi non porteranno a compimento i propri avvertimenti. Tagliare i fondi farebbe fronte a quest’ultimo aspetto.