El Dostour (26/01/2013). Articolo di Adel Abd el Rahim. Traduzione e sintesi di Luca Pavone
21 condanne a morte per l’uccisione di 70 tifosi del club Al Ahly avvenuta lo scorso anno all’interno dello stadio di Port Said, questa è la sentenza emanata da una corte di Ismailya giunta stamattina in un momento di caos e confusione, con il paese che già piange nuovi morti.
Le sentenze vanno rispettate ma crescono i dubbi su un verdetto che verrebbe da definire “ad orologeria”, giunto dopo la giornata di scontri che ha visto l’Egitto precipitare nuovamente nella tensione e nell’incertezza.
Protagonisti degli scontri e delle manifestazioni di ieri sono stati i famosi ultras del club sportivo Al Ahly e dei misteriosi black block stile occidentale che hanno dimostrato di poter colpire le istituzioni vitali del paese (metro,ferrovie, palazzi di giustizia) e paralizzarle. Un’armata inarrestabile di giovani insomma che ha dato non poco filo da torcere alle forze dell’ordine e al regime attualmente al potere. Ma oggi, dopo la sentenza emanata dalla corte, la rabbia degli ultras si è trasformata in gioia ed esultanza in memoria dei loro compagni uccisi durante la partita di calcio lo scorso 1 febbraio, mentre le famiglie dei condannati attaccano la prigione della città e si massacrano con la polizia (mentre l’esercito si prepara a scendere per le strade).
Morsi e il suo regime ce l’hanno fatta anche stavolta? Viene da chiedersi insomma se la condanna non sia stata utilizzata per placare gli animi dei rivoltosi che da due anni chiedono giustizia per tutti i manifestanti uccisi, giustizia mai arrivata (nessun condannato per le stragi di Maspero e di via Mohamed Mahmoud o per l’uccisione a colpi d’arma da fuoco dei manifestanti durante la cacciata di Mubarak per citare solo alcuni episodi) e che invece oggi giunge puntuale e precisa come un orologio svizzero.
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