Sono loro quelli che ci guadagnano

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di Hazim Saghya, al-Hayat (26/06/18). Traduzione e sintesi di Mario Gaetano.

Erdogan è stato eletto presidente della Turchia per il suo secondo mandato che terminerà nel 2022. È molto probabile che la sua maggioranza in parlamento si sia rafforzata anche grazie all’alleanza con il partito Devlet Bahçeli, consentendogli di mantenere il pieno controllo della sua autocrazia.

Erdogan, già Primo ministro dal 2003 al 2014, in accordo con la nuova costituzione, ha cancellato la presidenza di governo, di conseguenza avversari come abd Allah Ghul o come Ghalu non lo preoccuperanno più e neppure lo disturberanno più. Egli sarà solo al comando senza opposizione.

Ciò che gli dà qualche “grattacapo” sono coloro che chiedono libertà politiche, di stampa, i sostenitori dei diritti umani e non da ultimo, l’Europa liberale, la quale guarda con attenzione ai risvolti post golpe del 2016 ed alle sue manovre di sfruttarlo a suo vantaggio.

È su eventi del tipo sopra citato che i leader guadagnano continui consensi; in questo senso un’espressione che si va affermando sempre di più nel linguaggio politico, e che si può utilizzare per descrivere tali situazioni è “recessione democratica”.

Fatte le debite proporzioni, non è sbagliato ricordare quanti consensi abbia guadagnato, in poco tempo, il collega russo di Erdogan , Vladimir Putin, e grazie ai quali, egli è potuto tornare di nuovo al Cremlino. è proprio sotto la sua supervisione che si stanno svolgendo i campionati del mondo di calcio. Non è sbagliato neppure ricordare che l’occupazione della Crimea è quasi divenuta ufficiale, come pure è quasi certo, che il sostegno di Putin a Bashar al-Assad farà rimanere quest’ultimo al potere e non da ultimo, sono note le sue intromissioni nelle elezioni occidentali.

Nonostante tutto, Trump chiede di reintegrare la Russia nel “G7”, in modo tale che i Paesi diventino di nuovo otto, com’era prima della sua espulsione nel 2016 per l’affaire della Crimea poc’anzi ricordato. Il presidente americano, tuttavia, non è il solo che cerca di riabilitare Putin; in Italia, infatti, la sua figura è vista con ammirazione anche dalla coalizione popolare al potere. In Cina, Putin è stato definito come l’ultima stella, e il segretario generale del partito comunista Xi Jinping gli ha conferito una “medaglia di amicizia” che esprime la “amicizia stretta” tra i due. Da segnalare, ancora, che il vertice NATO che si è tenuto a Bruxelles ha rafforzato la sua posizione, facendogli guadagnare un altro punto.

Per quanto riguarda il premier israeliano Netanyahu, guadagna pure lui: il trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme, infatti, è la vittoria più grande che potesse ottenere.

Trump, dal canto suo, sembra poco incline ai cambiamenti globali al punto da rasentare il grottesco. Non è da meno il suo omologo algerino Abdelaziz Bouteflika, il quale, anziano e malato, si appresta a governare l’Algeria per il suo quinto mandato.

L’unico epiteto che si può attribuire a leader di tal fatta è “fascisti”. Trump, infatti, è un populista resistente alla democrazia liberale, che va ben oltre il mandato popolare che gli è stato conferito dalle elezioni, e quindi non è difficile pensare che egli devii verso il fascismo, soprattutto con il moltiplicarsi delle crisi economiche.

Le vittorie di Erdogan, Putin e Netanyahu non sono tranquillizzanti per il futuro, il loro guadagno è una perdita per l’umanità, e al tempo stesso per tutto ciò che c’è di buono e promettente nella vita di tutti.

Hazim Saghya è un critico e commentatore politico libanese. È uno dei simboli del giornale londinese al-Hayat ed è tra i più famosi scrittori arabi e il più discusso.

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