La Fondazione Anna Lindh, creata nell’ambito del partenariato euro-mediterraneo per promuovere il dialogo interculturale tra le due sponde del bacino, ha pubblicato un nuovo rapporto dal significativo titolo “Tendenze interculturali e scambi sociali”, realizzato con il sostegno dell’Unione Europea e della Lega Araba.
Il documento, che vede la partecipazione di numerosi analisti ed esperti del mondo europeo e del mondo arabo, si basa sull’interpretazione dei dati raccolti dall’agenzia di statistiche Gallup Europe tra il settembre e l’ottobre 2012 su un campione di 13.000 persone provenienti da vari Paesi, la cui eterogeneità merita attenzione. infatti, i Paesi coinvolti nella ricerca sono stati: Albania, Belgio, Danimarca, Egitto, Germania, Irlanda, Italia, Giordania, Marocco, Polonia, Spagna, Tunisia e Turchia.
Altra caratteristica chiave del rapporto è il periodo di distacco rispetto all’edizione precedente, pubblicata nel 2010. L’indagine più recente ha potuto indagare sul sentimento euro-mediterraneo del post Primavera Araba: cosa è dunque emerso?
Come si può evincere dall’introduzione al rapporto – redatta da André Azoulay, presidente della Fondazione, e Andreu Claret, direttore esecutivo – l’indagine ha identificato l’emergere di due tendenze opposte: una positiva, concretizzata in una brama di conoscenza dell’altro e di scambio di idee; una negativa, alimentata dalla xenofobia e la diffidenza verso la diversità culturale. Si tratta, dunque, di una questione di percezione di uno stesso concetto, comune denominatore delle due tendenze: la diversità.
I moti rivoluzionari arabi del 2011 hanno di certo contribuito a plasmare la connotazione di questo concetto di alterità, sia nel Sud del Mediterraneo che nel Nord. Come sottolineato da Azoulay e Claret, il fenomeno ha avuto, in termini di interculturalità, delle ripercussioni positive su entrambe le sponde: gli europei, si sono resi conto che anche i cittadini arabi sono capaci e volenterosi di abbracciare quei valori di democrazia e giustizia sociale spesso erroneamente considerati incompatibili con i precetti islamici; allo stesso modo, le popolazioni dei Paesi arabi coinvolti dalle rivolte hanno preso coscienza di poter possedere e reclamare spontaneamente quegli stessi valori.
Tuttavia, non c’è rosa senza spine: la questione dell’immigrazione e della gestione dei flussi migratori, tanto in Europa quanto nel mondo arabo (basti pensare ai tanti che attraversano il Mediterraneo o agli immigrati sub-sahariani che attraversano il Marocco per raggiungere la Spagna) hanno invece favorito l’acutizzarsi di atteggiamenti xenofobi, aggravando così la percezione negativa della diversità.
Vedendo la questione in numeri, il sondaggio ha in effetti mostrato che la diversità culturale è vista, da un lato, come una fonte di prosperità per le società rivierasche (82%), mentre dall’altro viene considerata come un elemento che potrebbe avere un impatto negativo sulla stabilità sociale (il 47%).
È interessante sottolineare un’altra delle scoperte chiave realizzate dal sondaggio e che riguarda l’azione dei singoli cittadini euro-mediterranei: infatti, tanto in Europa, quanto nel Sud del Mediterraneo, l’azione individuale è da molti considerata come uno strumento efficace per migliorare i problemi sociali. Di questo avviso è anche lo stesso Azoulay, che ha dichiarato: “Le soluzioni dall’alto verso il basso non funzioneranno (…) qualsiasi unione attraverso il Mediterraneo dovrà costruirsi sulla convergenza delle aspirazioni culturali tra i cittadini della regione”.