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Siria: la lunga strada per Astana

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Dopo 5 anni di spargimento di sangue, la conferenza di Astana è l'ultima speranza rimasta per la Siria

Di Osama al-Sharif. Jordan Times (03/01/2017). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

Fino ai negoziati sulla pace in Siria previsti per metà gennaio ad Astana, la capitale del Kazakistan, ogni minimo evento potrebbe incrinare lo storico cessate il fuoco raggiunto da Russia e Turchia e accolto dalla maggior parte dei gruppi di opposizione nell zone controllate dai ribelli e anche dal regime di Damasco. Finora, a parte un numero limitato di violazioni, la tregua sembra reggere.

La Russia è stata capace di ottenere il sostegno dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU per il suo impegno nella cessazione delle ostilità in Siria, facendo inoltre appello ai principi di Ginevra, una mossa molto apprezzata dall’opposizione siriana.

C’era da aspettarsi, dopo la caduta di Aleppo Est, una svolta della Russia verso il sentiero politico. Putin si è garantito il ruolo di maggiore stakeholder nella questione siriana. La stretta cooperazione con il presidente turco Erdogan ha sottolineato il grande interesse di Mosca nella regione, cosa che preoccupa sia Damasco che Teheran, la cui agenda potrebbe ora variare rotta.

È per questo che Bashar al-Assad ha inviato il suo ministro degli Esteri, Walid al-Mouallem, e il suo capo della sicurezza, Ali Mamluk, in visita a Teheran per consultazioni urgenti. Da parte sua, l’Iran ha accolto con freddezza il cessate il fuoco russo-turco e ha ignorato l’appello di Putin a ritirare le milizie estere dalla Siria. Inoltre, la Russia vuole che Egitto, Arabia Saudita e altri Paesi si impegnino in consultazioni preparatorie prima della conferenza di Astana, cosa a cui Teheran guarda con sospetto.

Dal canto suo, Assad si trova di fronte a delle scelte difficili. Non può farsi vedere contrario alla Russia, il cui intervento militare ha salvato il regime dal collasso, ma sa anche che imbeccare il sentiero politico potrebbe portare a un accordo di cui dovrà pagare le spese. Gli iraniani, che sanno bene cosa fare in Siria, rimangono la sua migliore scommessa. Ma Teheran sa che l’intervento russo ha cambiato le carte in tavola e che prima o poi Mosca eserciterà una certa pressione per imporre un accordo politico.

L’alleanza di Putin con la Turchia, membro della NATO, ha approfondito il divario tra Ankara e Washington, nonché tra Ankara e l’Europa. Inoltre, il presidente russo ha operato in modo da non sacrificare le sue relazioni con l’Egitto, l’Arabia Saudita, i Paesi del Golfo e l’Iran. Al momento, Putin si trova nella posizione per dettare legge nella regione e imporre un nuovo ordine. E con l’arrivo alla Casa Bianca di un’amministrazione amichevole a breve, è probabile che questo nuovo ordine non verrà sfidato, non nell’immediato futuro almeno.

Tuttavia, un conto è tenere una conferenza e un altro è raggiungere i risultati. Ad Astana, regime e opposizione siriana si incontreranno faccia a faccia per la prima volta. Per l’opposizione, l’iniziativa russo-turca è stata vista come un’uscita di salvataggio dopo la caduta di Aleppo; garantirà il suo impegno, anche se vorrà dire scendere a compromessi e anche se sa bene di aver perso influenza sulla maggio parte dei gruppi ribelli. Per quanto riguarda la Turchia, Astana sarà il banco di prova delle sue relazioni con alcuni gruppi jihadisti della zona.

Altre potenze straniere proveranno a sabotare o manipolare il processo di Astana, ma in realtà, dopo 5 anni di spargimento di sangue, questa conferenza è l’ultima speranza rimasta per la Siria. Come principale giocatore della partita, Putin dovrà essere abbastanza creativo e testardo da trovare un accordo.

Osama al-Sharif è un giornalista e commentatore politico giordano.

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