di Hamid Zayed (Goud 17/04/2012). Traduzione di Silvia Di Cesare
Uno sgradevole odore di razzismo si solleva dalla campagna messa in atto dal partito Giustizia e Sviluppo contro il documentario mandato in onda dal canale televisivo 2M sugli ebrei marocchini della città di Tinghir.
Coloro che hanno guardato il documentario saranno senz’altro rimasti colpiti dal vedere ebrei che parlano ancora il berbero e che provano nostalgia per i luoghi dove hanno abitato nella loro infanzia, patria dei loro genitori e dei loro nonni. I telespettatori si saranno meravigliati nel riscontrare un’identità e dei costumi condivisi che riescono ancora a legare musulmani ed ebrei n questa regione del Marocco, dove le diverse componenti della società convivono da molto tempo e le diverse culture, i costumi, i cibi e i canti si sono amalgamati fino a diventare inscindibili.
La posizione degli islamisti non sorprende affatto. Come di consueto, infatti, essi confondono gli ebrei con lo Stato di Israele. Tuttavia è sorprendente la posizione del Partito Socialista Unitario, di sinistra, che condivide queste posizione razzista giustificandola con la sua contrarietà alla normalizzazione dei rapporti con Israele e con il suo sostegno alla Palestina.
Il ministro delle Comunicazioni Mustafa al-Khalfi considera la distribuzione della pellicola una mossa inappropriata, come se parlare dell’identità comune e plurale del Marocco rappresentasse ai suoi occhi un crimine; come se volesse cancellare questa parte della storia e riscriverla a suo piacimento, riportando alla mente il sistema nazista e di altri regimi razzisti.
Nella rivoluzione del maggio del ’68 un ragazzo innalzò uno slogan con scritto “siamo tutti ebrei”. Questo è lo slogan che dovrebbe innalzare chiunque pensi che la nostra identità sia minacciata dalla gestione del potere da parte di forze razziste che cercano di importare l’identità orientale e di imporcerla con la forza; andando contro la Costituzione che riconosce la componente ebraica come parte dell’identità marocchina, quindi contro la nostra storia, la nostra cultura e la nostra civiltà.
La rabbiosa campagna contro questo documentario e il rilancio dell’accusa di voler normalizzare i rapporti con il nemico, sono trucchi che non ingannano più nessuno. Essi nascondono una inequivocabile deriva razzista, che implica un’ostilità verso tutti gli ebrei marocchini, verso i marocchini in generale, verso una convivenza tra le due componenti, ma in special modo per quei marocchini ebrei conosciuti per la loro posizione ostile nei confronti dello stato d’occupazione israeliano e per il loro orgoglio identitario, come i defunti Edmond Amran El Maleh, Abraham Serfaty e Simon Levy (intellettuali marocchini ebrei, ndr).