Hiwar I Blog di Arabpress Israele Religione Zoom

Israele vuole i cristiani nel suo esercito

Articolo di Giusy Regina

Risale a metà dicembre scorso l’ultimo appello del ministro della Difesa israeliano Ya’alon Moshe, affinché sempre più arabi cristiani si uniscano alle file dell’esercito israeliano (IDF). “Israele non può più tollerare le violenze contro i cristiani in Medio Oriente”, ha detto il ministro. Ma la questione non nasce dal nulla.

Per non andare troppo indietro nel tempo, già nell’estate 2014, prima dell’attacco via terra su Gaza – parte dell’operazione Margine protettivo –  circa 800 arabi tra cristiani e musulmani vennero arruolati. Fino ad allora gli arabi cristiani – 130mila in Israele – venivano pressoché esclusi dal servizio militare in quanto intimamente associati ai palestinesi e alla loro lotta. In ogni caso si è trattato e si tratta di arruolamento volontario, possibile dal 17esimo anno di età, per sponsorizzare il quale il ministero della Difesa ha spedito accattivanti cartoline casa per casa, che a lungo andare hanno portato i loro frutti. Da giugno a dicembre 2014 ad esempio, si sono arruolati ben 84 arabi cristiani nelle IDF, quando in passato non si sarebbe arrivati nemmeno a 50. Il servizio militare, obbligatorio invece per ebrei, beduini e drusi, offre a chi ne entra a far parte volontariamente una serie di concessioni in materia di occupazione, istruzione, prestiti per la casa.

A sostenere da sempre l’arruolamento degli arabi cristiani che vivono in Israele nell’esercito del Paese, spunta la figura di padre Gabriel Nadaf, sacerdote cristiano greco-ortodosso, che è stato anche giudice dei tribunali religiosi della comunità e portavoce del Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme. Conosciuto anche come leader spirituale nonché fondatore del Forum per il reclutamento dei cristiani israeliani, padre Nadaf sostiene da sempre l’integrazione degli arabi cristiani che vivono in Israele in tutte le istituzioni statali del Paese, tra cui l’esercito e il servizio civile appunto. “Il destino della comunità cristiana è legata ad Israele, che ne ha mantenuto e garantito la libertà di culto”, ha detto Nadaf. “Perché i drusi si arruolano? Perché i beduini si arruolano? E perché i cristiani non si arruolano?” ha detto in un’intervista a Times of Israel. “Perché hanno paura”, e questo, ha continuato, deve cambiare.

Ma com’è facile da immaginare, i deputati arabi della Knesset hanno fatto una forte opposizione al reclutamento dei cristiani nell’esercito. Uno tra tutti il cristiano Basel Ghattas, che, senza giri di parole, ha accusato Israele di “tentativo di dispersione” e mossa per discriminare i palestinesi musulmani, frantumando il nazionalismo arabo, sfruttando la paura sempre crescente per il seducente Daesh.

Dall’avanzamento di Daesh in poi infatti, la questione si è riproposta con più forza: la paura del califfato che avanza e le stragi contro i cristiani – soprattutto in Siria, Iraq e Libia – hanno portato anche i cristiani di Israele a sviluppare un desiderio di integrazione più vivo nello stato. Essi infatti vogliono far parte attivamente della vita del Paese e dare il loro contributo alla lotta al fondamentalismo islamico. Qualcosa sta cambiando dal basso, nella società dunque. Amir Shalayan ad esempio è un arabo cristiano di 26 anni offertosi volontario per servire Israele nelle IDF; egli ha dichiarato durante un’intervista al The Telegraph: “Preferirei essere un cittadino di seconda classe in uno stato ebraico piuttosto che un cittadino di prima classe in uno stato arabo. I paesi arabi non hanno alcun sistema. Vogliono agire secondo la Sharia”. La paura di Daesh diventa incombente dunque e la motivazione di Amir è semplice: i cristiani devono assimilarsi alla società israeliana e servire il Paese che li protegge.