Erano molti anni che non riuscivo ad andare al Salone Internazionale del Libro di Torino. Prima, era una tappa obbligata con la scuola: abitando vicino a Cuneo, le scuole ci portavano quasi tutti gli anni in gita, e anche dopo è sempre stato un appuntamento fisso.
Da quando mi sono trasferita a Roma, però, non sono più riuscita a ritagliarmi quello spazio, visto anche che il periodo pre-esami non era troppo indicato per tutte quelle ore di treno e di tutto il tempo che mi piaceva trascorrere a girovagare tra uno stand e l’altro.
Riuscire a tornarci quest’anno è stato, proprio per questo, una sorta un tuffo nel passato. Conoscevo il profumo di tutti quei libri stipati nei padiglioni (anche se erano mescolati con gli odori invitanti degli stand di cucina che ormai imperversano ovunque), sapevo come svicolare tra la folla, nonostante io avessi con me una valigia, sapevo che libri cercare. Mi ero ripromessa di non comprarne troppi, visto il poco spazio rimasto nella mia stanza. Per fare questo, però, ho preferito dedicare più tempo agli incontri e agli amici a cui avevo dato appuntamento, che non a girare tra i vari espositori. Il programma mi permetteva di farlo, visto che il Salone, quest’anno, aveva un focus sulla letteratura araba.
La verità è che mi sono fatta in quattro per andare a Torino quest’anno proprio per uno di questi incontri, quello con Sinan Antoon, tenutosi venerdì 13 tenutosi nello Spazio Internazionale Babel. Non potevo assolutamente perdere l’occasione di vedere dal vivo uno dei miei autori arabi preferiti! In ogni caso non c’era solo lui di interessante: sono state organizzate moltissime presentazioni, sia con scrittori già affermati, come Adonis e Yasmina Khadra, ma anche con alcuni nuovi emergenti, soprattutto per il pubblico italiano, come Leila Slimani e Muhammad Aladdin.
A causa dei ritardi dei treni sono riuscita ad arrivare a Torino solo nel primo pomeriggio. Ciononostante sono riuscita a vedere la presentazione del libro di Tahar Ben Jelloun “Matrimonio di piacere”, primo libro della casa editrice La Nave di Teseo. L’autore marocchino ha deciso di affrontare un tema scottante come il razzismo verso le persone di colore, purtroppo molto radicato nel suo paese, e lo fa coinvolgendo la sfera dei sentimenti, della famiglia e della tradizione. Nonostante le domande abbiano spaziato tra gli argomenti più vari, Tahar Ben Jelloun ha saputo rispondere a tutto con chiarezza e semplicità, suscitando la curiosità del pubblico.
Terminata la presentazione sapevo di avere tempo di girare per i padiglioni e finalmente fare pochi, ma ponderati acquisti. Non nasconderò che iniziavo a essere un po’ agitata… Non mi è mai capitato di incontrare una persona che ammiro così tanto. Inoltre temevo che lo spessore dello scrittore non rispecchiasse del tutto la persona, come purtroppo succede a volte. Fortunatamente non è stato questo il caso. L’incontro/intervista è stata condotta da Filippo Landi, che ha raccontato la sua esperienza di corrispondente RAI durante la Prima Guerra del Golfo, tema centrale dell’incontro. Sinan Antoon, infatti, è stato chiamato a portare la sua testimonianza, avendo vissuto sulla sua pelle quel conflitto: durante quei mesi viveva a Baghdad, insieme alla sua famiglia e proprio successivamente a questi eventi ha deciso, come molti altri scrittori, intellettuali, ma anche semplicemente concittadini, di abbandonare il paese. La sorte volle che per lui sia stato più facile ottenere un visto per gli Stati Uniti d’America, essendo sua madre americana. Ha confessato, però, che se trovasse le stesse condizioni lavorative in un paese europeo non esiterebbe a trasferirvisi immediatamente.
Le sue parole sono state molto sincere e schiette e non hanno risparmiato critiche ai governi che hanno fatto sì he questo conflitto avvenisse, 25 anni fa. Non ha esitato neanche a sfatare molti stereotipi. Per esempio il ruolo del dittatore che, per quanto dittatore fosse, è stato dipinto dalla propaganda come il Cattivo per antonomasia, l’unica figura a cui bisognava dare la colpa, scordando tutti quelli che hanno lavorato per farlo arrivare al potere e per mantenerlo dov’era. Ha voluto anche ribadire la poca importanza che la confessione religiosa giocava in quegli anni, essendo lui di religione cristiana: la fede veniva messa in secondo piano dall’ideologia delle persone e dal loro stato economico. Erano questi i parametri che dividevano la società e non se le persone fossero cristiane, curde, sciite o sunnite.
L’incontro, illuminante e affollato, si è concluso con una riflessione amara sul destino dell’Iraq e della Siria, purtroppo accomunate dalla presenza di Daesh (ISIS). L’autore iracheno, infatti, ha espresso le sue perplessità sulla risoluzione dei conflitti in quell’area e al ritorno di quei paesi al loro antico splendore.
Buona Lettura!