Testo e foto di Cristina L’Homme. Rue89 (04/03/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.
Brahim è Romeo. Dall’alto dei suoi 13 anni, questo giovane siriano in riabilitazione presso un centro per grandi feriti di guerra ad Amman, in Giordania, brandisce la sua stampella declamando il suo amore a Giulietta: “Quale luce irrompe da quella finestra? È l’Oriente e Giulietta è il sole!”. Ma L., 14 anni, che interpreta Giulietta, non è là. Né alla finestra, né al balcone come dovrebbe essere secondo l’opera di Shakespeare.
Giulietta è a Homs, in Siria, dove vive nel Waar, un quartiere tenuto sotto l’assedio delle truppe di Assad. Un quartiere detto di “ribelli”, dove niente entra più, né medicine, né alimenti, né mezzi di riscaldamento. Un quartiere dove uomini, donne e bambini tentano di sopravvivere nonostante l’assedio.
Un quartiere dove solo il teatro riesce a schernire le barriere fisiche, penetrando il cuore delle case grazie all’uso di internet e di Skype, ma soprattutto grazie alla volontà di due uomini: l’attore, drammaturgo e regista Nawar Bulbul e il suo socio e amico R. (per ragioni di sicurezza non diremo il nome), che fanno recitare i bambini, uno in Giordania, l’altro in Siria.
Dopo aver messo in scena “Amleto” e “Re Lear”, interpretati da bambini siriani del campo rifugiati di Zaatari (Giordania) nel marzo 2014, Nawar Bulbul recidivo torna a sfidare Bashar al-Assad. “Se Bashar pensa che con il suo esercito riuscirà a spezzare i siriani, dividerli, rompere i legami tra chi resta ancora nel Paese e chi se ne va, si sbaglia! Noi artisti glielo dimostreremo!”, afferma Bulbul.
In questo quartiere della Homs sotto assedio, completamente isolato, bombardato ogni giorno, preso nella trappola dell’inverno, i siriani della rivoluzione sono riusciti a far penetrare il teatro, e con esso la speranza e l’amore: “Sono sentimenti di cui i bambini hanno bisogno per restare esseri umani, per poter guardare avanti, immaginarsi un domani”, spiega Bulbul.
Il suo “Romeo e Giulietta” sarà in scena il prossimo 17 marzo presso l’ONG Souriyat Across Borders, nel quartiere universitario di Amman, con un finale diverso dall’originale: nell’ultima scena, quando Romeo avvicina la fiala di veleno alla bocca, Giulietta lo implora di non farlo, lui non si uccide e i due se ne vanno insieme. “Questi bambini vedono la morte tutti i giorni, non potevo farli morire a teatro! Sarebbe stato troppo!”, spiega il regista, che invece ha voluto “aprire loro le porte verso la speranza”.
Cristine L’Homme è una giornalista free-lance francese.
Add Comment