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Rohani: carpe diem

RohaniEditoriale. The Daily Star (05/08/2013). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello.

Hassan Rohani, questo fine settimana, ha prestato giuramento come presidente dell’Iran. Le sue dichiarazioni verranno analizzate per capire se rappresentano l’inizio di un nuovo corso nelle relazioni tra la Repubblica Islamica e la comunità internazionale. Tuttavia, le stesse verranno prese con le pinze, nell’attesa che azioni concrete facciano loro seguito.

Durante il suo discorso inaugurale e in altre occasioni, Rohani si è focalizzato su più di un tema. È stato fermo nel dire all’Occidente e al resto del mondo che l’Iran deve essere trattato utilizzando il linguaggio del dialogo, e non le minacce e le sanzioni economiche. Ma il nuovo presidente iraniano ha anche ribadito  di essere un candidato che ha vinto le elezioni nazionali con un programma volto a migliorare la vita quotidiana e la situazione socio-economica del popolo iraniano. I commenti di Rohani potrebbero essere ritenuti mera retorica, ma ridurre l’isolamento internazionale e il deterioramento economico dell’Iran sono passi di fondamentale importanza per il futuro politico del neopresidente.

Rohani ha chiesto che l’Iran sia trattato con rispetto e ha evitato quella retorica infuocata tipica del suo  predecessore, Mahmoud Ahmadinejad. I Paesi occidentali, compresi gli Stati Uniti, hanno finora reagito positivamente alle parole pronunciate dal neopresidente durante il fine settimana. Si tratta del tipo di situazione in cui la Casa Bianca può parlare della sua speranza di diventare un “willing partner” dell’Iran, ma questa, come le altre affermazioni provenienti dalle capitali occidentali, è accompagnata da una riserva: siamo in attesa di vedere cosa fa l’Iran.

La maggior parte, se non tutti gli osservatori politici possono ripiegare sull’interpretazione standard: il leader supremo dell’Iran, e non il suo presidente, prende tutte le decisioni chiave relative alla politica estera e al programma nucleare. Tuttavia, solo il tempo dirà se l’ayatollah Ali Khamenei ha accettato di concedere a Rohani e al suo team lo spazio di manovra necessario affinché l’Iran possa invertire l’infelice situazione politica ed economica in cui versa ed impegnarsi, finalmente,  in un po’ di moderazione.

Una delle parole chiave utilizzate dal nuovo presidente è “dialogo” e questo approccio dovrebbe certamente essere incoraggiante. Eppure, i politici iraniani non devono ingannare se stessi pensando che solo l’Occidente e i funzionari delle Nazioni Unite sono degni del loro sforzo. I vicini dell’Iran nel Golfo sono altrettanto meritevoli di sentire e vedere le nuove politiche. Se l’Iran riuscisse a ridurre le tensioni con questi paesi impegnandosi in un dialogo onesto e in sostanziali adeguamenti politici, l’intero Medio Oriente, e in particolare paesi come la Siria e il Libano, ne potrebbero beneficiare. In caso contrario, la gente vivrà altri quattro anni di tensione così che ancora una volta  tempo, sforzi e risorse saranno sprecati in una regione che però non può permetterselo.

 

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