Di Raghida Dergham. Al-Hayat (23/10/2015). Traduzione e sintesi Federico Seibusi.
Vladimir Putin, dopo aver ottenuto importanti concessioni dagli Stati Uniti, Arabia Saudita e Turchia, ha sviluppato un sistema d’intese che porti ad una soluzione politica in Siria in modo che si sciolga il “nodo Assad”.
La prima di queste importanti concessioni, riguarda il raggiungimento di ruolo guida della Russia in Siria e la restaurazione dell’influenza russa in Medio Oriente; la seconda riguarda l’assetto di un sostegno reciproco militare e di intelligence nella lotta a Daesh (ISIS); la terza consiste nel ritiro delle precondizioni che chiedevano l’abbandono da parte del presidente siriano Bashar al-Assad all’inizio della transizione politica, in favore di un suo abbandono graduale che accompagni la transizione; e infine, l’ultima tratta di un accordo per sostenere le istituzioni di Damasco considerate come parte integrante della soluzione politica, a differenza delle posizioni precedenti attraverso l’insediamento dell’opposizione.
In questo modo, Bashar al-Assad potrà lasciare il potere dopo aver sconfitto il terrorismo e dopo aver consolidato i pilastri del suo regime, invece di affrontare un’eventuale sconfitta e le sue responsabilità inerenti al suo ruolo in Siria.
Forse la diplomazia russa non fonderà una struttura d’intesa fra le parti, se l’Arabia Saudita e la Turchia dovessero ritenere che non ci sono abbastanza garanzie richieste. Proprio per questo, i prossimi giorni saranno cruciali per la formazione di un piano che guidi la transizione politica in Siria.
Un altro elemento da considerare è l’ambiguità della posizione iraniana: alcuni pensano che l’Iran sia danneggiato dall’azione russa, mentre altri invece ritengono che ci sia sicuramente un coordinamento fra i due Paesi che ha come priorità la distruzione di Daesh e il mantenimento del regime a Damasco. Teheran ha infatti deciso di seguire la linea russa senza obiezioni, poiché ci sono importanti accordi economici e militari che sono stati istituiti con Mosca.
La posizione di Washington è cambiata poiché non si può permettere che ci sia un’alleanza fra Russia e Iran, che miri ad eliminare l’opposizione moderata per salvare il regime di Bashar al-Assad.
I militari russi hanno convinto il proprio presidente che la cosa migliore per gli interessi nazionali sia evitare l’imprudenza di una guerra molto dispendiosa, ma sopratutto evitare una guerra globale contro il “terrorismo sunnita”, che diverrebbe insidiosa in quanto la Russia “cristiana” ha una minoranza musulmana al suo interno e confina con cinque repubbliche islamiche.
L’iniziativa militare russa mira alla creazione un accordo con Stati Uniti, Arabia Saudita, Turchia e l’intera comunità internazionale, sottolineando però che questa escalation militare potrebbe continuare nonostante non si raggiunga alcuna intesa fra le parti. Proprio per questo timore, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti si sono messi in contatto da tempo con la Russia per rassicurare Mosca che non c’è alcuna rivalità.
Per quanto riguarda i risvolti economici, quando verrà il momento, la Russia potrà partecipare alla ricostruzione della Siria. Inoltre, il controllo russo sulla Siria corrisponde all’esigenza di contrastare il progetto dei gasdotti verso la Turchia che servono per esportare il gas del Qatar, insidiando il ruolo leader della Russia nell’esportazione della materia prima in Europa.
Infine, rimane la questione di Daesh, nemico di tutti che potrebbe essere facilmente sconfitto se ci fosse un coordinamento militare e di intelligence fra tutte le parti coinvolte.
Nei prossimi giorni ci saranno nuovi sviluppi che dovranno essere analizzati attentamente, poiché questa è una fase centrale per le negoziazioni che potrebbero portare ad esiti positivi per la Siria.
Raghida Dergham è editorialista e corrispondente diplomatica di Al-Hayat.
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Al Assad non lascierà prima che Erdogan venga regolarmente processato ed impiccato per le sue responsabilità in Siria ed in Turchia.