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Rileggendo Camus in Nord Africa

Camus
Albert Camus

Zoom Camus Nord AfricaDi Robert Zaretsky. The Daily Star Lebanon (09/12/2013). Traduzione e sintesi di Silvia Di Cesare.

Nel 1951, nel libro “L’uomo in rivolta” Albert Camus scriveva:

“La rivolta protesta, domanda, insiste sul fatto che sia posto fine all’oltraggio, e che ciò che è stato finora costruito sulle sabbie mobili dovrebbe d’ora in poi essere fondato sulla roccia”.

La rivolta che lui aveva in mente era quella della resistenza francese: Camus traccia il momento in cui un uomo, spinto al limite, cerca di opporsi alla forza che lo muove e voltandosi scopre che altre migliaia di persone stanno spingendo con lui. Ha riassunto questa tensione rielaborando una massima cartesiana: “Io resisto, dunque siamo”.

Sessanta anni dopo, le proteste delle rivolte arabe scaturivano dallo stesso impulso a resistere. Per i giovani tunisini, egiziani e libici soffocati dal dominio delle brutali dittature, il punto di rottura è arrivato nel 2011.

Le osservazioni fatte da Camus sulla ribellione, scoppiata nel crogiolo della seconda guerra mondiale, conservano tutta la sua attualità per gli eventi che hanno sconvolto il Nord Africa. Ne “L’uomo in rivolta”, Camus pone le basi della sua posizione etica assunta in occasione della guerra algerina del 1954. In questo libro Camus ritrae il mondo Mediterraneo – che comprende non solo la Grecia, ma anche il Nord Africa – come la culla della moderazione. Sophrosyne, l’ideale greco della moderazione, avvolge la definizione di ribellione esposta da Camus.

Così come l’autolimitazione comporta una costante tensione tra due forze opposte – uno sforzo verso due direzioni diverse, al centro del quale si trova lo spazio della creazione e del progresso – allo stesso modo la rivolta vive una pressione simile.

Il ribelle si rivolta contro il tentativo degli altri di negare la sua dignità e la sua libertà. Allo stesso modo, però, il ribelle cerca di porre un freno a se stesso. “È per il bene del mondo intero che lo schiavo si impone quando arriva alla conclusione che un ordine viola qualcosa in lui che non appartiene solo a se stesso”. Camus capì che nei momenti in cui la Storia si scaglia contro il popolo la violenza è inevitabile; allo stesso tempo, però, precisava che non bisogna confondere la sua inevitabilità con la legittimità.

Voci arabe hanno cominciato a rievocare l’uomo che una volta era considerato l’apologeta del colonialismo francese. “Ieri era Camus, oggi è Bouazizi” scrive l’intellettuale tunisino Akram Belkaid, riferendosi all’atto di immolazione di Mohammed Bouazizi. “ Camus non è più parte del nostro mondo, ma non tace. Il suo grido è primordiale: lui rivendica il diritto alla dignità”.

Camus non ha combattuto per un’utopia in cui le persone non si uccidono l’una con l’altra, ma piuttosto per un mondo in cui “l’omicidio non è legittimato”. Anche se questo non ci offre una mappa che descriva il tentativo di navigazione dell’America nel turbolento mare mediorientale, certamente ci ricorda la scala morale che dovremmo applicare nelle nostre scelte politiche.

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