Di Asmaa al-Ghoul. Al-Monitor (11/06/2014). Traduzione e sintesi di Silvia Di Cesare.
Nella città di Gaza, il processo di riconciliazione tra Hamas e Fatah è stato privo di donne. Non c’erano donne invitate, provenienti dai partiti islamici, laici o di sinistra al tavolo del dialogo. È stato come se questo processo fosse ad appannaggio degli uomini.
L’attivista Yafa Abu Aker ha fatto di tutto per cercare di entrare alla prima sessione degli incontri che si è svolta ad aprile nella casa del primo ministro Ismail Haniyeh. Le guardie di sicurezza, però, non le hanno creduto quanto gli ha detto: “Ho inviato una lettera alla Commissione per la Riconciliazione e il presidente Mahmoud Abbas ha acconsentito a che io partecipi all’incontro”.
Solo dopo molte telefonate e tentativi di convincere le guardie Abu Aker è riuscita ad entrare. La sua iniziativa personale è andata a buon fine, ma cosa dire invece di tutte quelle donne che ricoprono un ruolo di rilievo nel campo della politica e dei partiti, perché non hanno preso parte agli incontri?
Ahmed Youssef, un leader di Hamas, ritiene che la questione è molto semplice: “Coloro che hanno preso parte ai colloqui sono stati i leader di Hamas e Fatah, e non vi sono al momento leader donne”. Ha aggiunto che questo è il risultato della cultura politica e della natura della società araba, che crede che la donna è meno matura, consapevole e tollerante rispetto agli uomini, descrivendo in questo modo una società molto povera.
Se questo discorso può essere più comprensibile per il partito islamico di Hamas, a causa della sua ideologia. Ma cosa dire dei partiti progressivi di sinistra?
“Nel 2012 questi partiti avevano firmato un memorandum d’intesa che assicurava la partecipazione delle donne ai convegni locali e internazionali, ma non sono riusciti a rispettare il patto”, ha dichiarato Nadia Abu Nahla, direttrice della Commissione Tecnica sugli affari di genere.
Vi è anche però che rigetta queste critiche, osservando come la presenza di donne nel governo di riconciliazione simboleggi il ruolo fondamentale che esse hanno nella politica palestinese.
Nonostante ciò, però, nessuna delle commissioni emerse dalla riconciliazione ha sviluppato un piano che punti a potenziare il ruolo delle donne.
Abu Aker non ha aspettato, ha semplicemente fatto quello che credeva giusto ed è questo che la scena femminista si aspetta: una leadership effettiva e non una leadership pro forma concessa dagli uomini.