Resistenza musicale

la resistenza di naissam jalalDi Naissam Jalal. Lebanon Now (29/01/13). Traduzione di Alessandra Cimarosti.

Il mondo cambia e ci fa male e noi, in qualità di artisti, dobbiamo esprimere il nostro dolore. Ne abbiamo bisogno per non sentirci in trappola e inoltre, abbiamo la responsabilità di esprimerlo per le persone che stanno soffrendo e non hanno i mezzi per tirarlo fuori.

L’arte per me è molte cose, ma soprattutto espressione. Non è qualcosa di bello, sicuramente può essere anche bella, ma è principalmente esprimere ciò che è all’interno. È connessa alla situazione che stai vivendo, che sia politica o sociale, a ciò che affronti nella vita, magari al razzismo o ad un’altra forma di ingiustizia. Quando si esprime qualcosa che si prova è un atto politico e non può essere apolitico. Appena si dice “Sono onesto e ho intenzione di parlare di ciò che provo nella mia arte” si sta facendo arte politica.

L’arte è una forma di resistenza. Con il genere di musica strumentale che creo non ci sono parole o simboli come invece potrebbero esserci nei dipinti, nella letteratura, nel cinema. Ci sono anche molti esempi di arte che affronta la guerra e i massacri, basti pensare a Guernica di Picasso ad esempio. Con la musica strumentale penso che sia più difficile esprimere idee, anche se si tratta comunque di emozioni e si riesce ad evocare emozioni nel pubblico, nel proprio ascoltatore.

Nella mia musica cerco sempre di essere molto onesta riguardo a ciò che sto facendo. Provo a creare musica impegnata politicamente, sia nella forma che nel contenuto. Ad esempio ho passato sei mesi lo scorso anno, a comporre un pezzo per la rivoluzione siriana chiamato “Al-mot wala al-mazala” cioè “La morte piuttosto che l’umiliazione”. Io vengo dalla regione di Idlib. È sicuramente una enorme responsabilità produrre arte che abbia a che fare con ciò che sta succedendo. Ho iniziato a farlo perché ci sono persone che sono pronte a morire piuttosto che vivere senza dignità e io lo trovo davvero incredibile. La musica è un omaggio ai martiri della Siria. È un’enorme responsabilità provare a scrivere qualcosa per questi martiri. Ti senti come se dovessi produrre la più bella cosa che tu abbia mai fatto. Sento questa grande responsabilità per due motivi: primo perché il loro sacrificio è talmente grande che con la mia musica voglio cercare di ringraziarli per ciò che hanno fatto per la Siria e per la causa della libertà; secondo, perché alle persone che ascolteranno questo omaggio, coloro che ancora vivono affrontando tante difficoltà, spero di dare un po’ di forza per continuare la loro lotta.

Secondo me, ci sono altri aspetti della resistenza nella mia musica. Ci sono le idee all’interno della musica e poi c’è la forma che essa assume. Anche quando non parlo di qualcosa di politico nel contenuto, c’è qualcosa di politico nella forma. Quando non ti interessa l’aspetto commerciale della musica o l’aspetto commerciale del mercato, allora stai resistendo. La via commerciale non è il modo naturale per creare. Secondo me, in questo modo “si standardizza la musica che standardizza le persone e standardizza il pensiero. A me non interessa cosa vogliono che io faccia, io faccio solo ciò che sento di dover fare.”. Penso che gli artisti abbiano una grande responsabilità nella creazione qualcosa di diverso, e nel far sì che la gente pensi diversamente.

Al-Mot wala al-Mazala

 

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