Di Yahya al-Kubaisi. Al-Quds al-Arabi (20/04/2017). Traduzione e sintesi di Veronica D’Agostino.
Esiste una teoria secondo la quale l’estremismo è espressione di un problema culturale e identitario legato all’Islam e per questo è considerato un prodotto esclusivamente islamico, un’ideologia legata ai movimenti islamisti, meglio nota come Islam politico, dove il Salafismo, con la sua copia jihadista, ne è la logica conseguenza.
Ma questa teoria non riguarda solo i sistemi politici islamici, bensì tutti gli intellettuali arabi laici coinvolti nella sua promozione. La teoria si basa su sistemi che legittimano la repressione praticata dagli islamisti e quelli che considerano ciò tutt’altro che un fatto casuale. Nel coinvolgere tutti in questo dibattito però, si assiste ormai all’incapacità di ripristinare la convivenza e alla possibilità di eliminare l’altro.
Qualsiasi tipo di approccio razionale al di fuori di questo contesto, troverà il radicalismo prodotto dalle nostre società espresso attraverso strumenti ideologici molteplici. L’Islamismo è infatti espressione del radicalismo in questo periodo storico, così come lo sono stati la sinistra, ma soprattutto la destra, in passato, in un altro contesto.
In Iraq per esempio, il radicalismo è presente dal 1958, se non prima: a partire dalla caduta della famiglia reale, seguita dall’arrivo dei comunisti e poi dalla Guardia nazionale baathista, fino alla crisi scoppiata a partire dal 2003, la violenza non conosce limiti. La maggior parte dell’élite politica irachena crede nella violenza e ne fa uso per legittimare un conflitto politico violento. Per tale motivo, è necessario operare una netta distinzione tra i fattori culturali che alimentano l’estremismo ma che rimangono nei limiti del dibattito senza evolversi in azione concreta e i fattori politici, che trasformano l’estremismo in vera e propria azione politica.
L’evoluzione degli eventi storici in Iraq possono spiegare come il Salafismo, in un secolo, non sia riuscito a trasformarsi in un movimento sociale o politico – se non all’interno di alcune moschee – mentre in soli 10 anni sia diventato un fenomeno estremista, a cominciare dall’organizzazione jihadista in Mesopotamia formatosi alla fine del 2003, all’organizzazione del sedicente Stato Islamico, fino alla dichiarazione del Califfato.
L’analisi di questi movimenti radicali e violenti richiede pertanto lo studio del contesto storico in cui essi emergono, delle trasformazioni interne che li hanno formati e delle variabili esterne che li governano; poiché solo questo approccio, lontano da stereotipi e pregiudizi ideologici, permetterà di capire in maniera approfondita il fenomeno, evitando equivoci. Infine, è importante prestare attenzione alle strutture culturali e sociali che possono causare estremismo e violenza, così come fondamentale è la comprensione degli aspetti politici, culturali, sociali ed economici in ballo.
Yahya al-Kubaisi è uno scrittore iracheno.
I punti di vista e le opinioni espressi in questa pubblicazione sono di esclusiva responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente il punto di vista di Arabpress.eu
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