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Quei 12 tra palestinesi e siriani uccisi dai bombardamenti a Yarmouk

 

errata corrige titolo: Dopo un consulto con l’Associazione palestinese per i diritti umani in Siria (PAHR/Syria) a cui la traduttrice ha richiesto il dato del bilancio delle vittime (8 palestinesi, 2 siriani, 2 persone di cui non si sa se fossero siriane o palestinesi) è stato necessario modificare la parte iniziale del titolo italiano (si precisa che il titolo originale in inglese è corretto poiché non entra nel merito della nazionalità) da “Quei 12 palestinesi uccisi” a “Quei 12 tra palestinesi e siriani uccisi”. Mahmoud Shadeh, Hasan al-Sersawy, Mahmoud Modardes, ‘Azzeddin Darwish erano palestinesi. Hesham Makshati, Mosa al-A’asod erano siriani.

Di Talal Alyan e Nidal Bitari. Beyond Compromise (24/03/2014). Traduzione di Claudia Avolio.

Quando Yarmouk ha iniziato a sfaldarsi, c’è stato un esodo verso un altro campo chiamato Khan al-Sheeh nella Damasco rurale. Molti sono rimasti lì finché il regime ha iniziato a colpire il campo con barili bomba. Gli sfollati sono stati costretti a vagare ancora una volta. Spostandosi in altre zone, come il sobborgo di Qudsiya, hanno trovato affitti alle stelle che non potevano affrontare. Molti hanno perciò dovuto dare fondo ai risparmi di una vita per non finire senza un tetto. Sabato, un gruppo di palestinesi, esauriti gli ultimi risparmi e ritrovandosi per la strada, ha circondato una piazza. Una donna anziana, nata in Palestina, ha chiesto tra la folla: “Rimandatemi al campo, non voglio pane, cibo o altro. Voglio solo morire con dignità”. Spero solo che qualcuno sia riuscito a dirle che la dignità è un lusso non più permesso a Yarmouk, o per gran parte della Siria.

Venerdì: 197 razioni di cibo distribuite nel campo di Yarmouk. Appena 197 per più di 18 mila palestinesi che stanno morendo di fame intrappolati nel campo. Durante la distribuzione, il campo viene bombardato. Due palestinesi muoiono per il bombardamento, mentre cercavano di scampare un’altra morte – quella per fame – che aleggia sul campo.

Sabato: Mentre si avvicinano al check-point per la distribuzione degli aiuti, le donne di Yarmouk si sentono dire d’un tratto dal Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina/Comando Generale (FPLP/CG) di lasciare lì gli uomini e tornare a casa. Alla sola presenza degli uomini, il FPLP/CG inizia ad attaccarli brutalmente senza alcuna provocazione ricevuta. Un segmento del fronte cerca di rivendicare un edificio in via Yarmouk ed espone una bandiera del regime. Ne nasce uno scontro con Aknaf Beit al-Maqdes, alleato dell’opposizione. Uno dei combattenti, Imad Dwah, è ucciso nella colluttazione. Come vendetta per la sua morte, i bombardamenti riprendono. Due persone sono uccise, sette ferite. Quattro palestinesi sono già morti ed il weekend non si è ancora concluso.

Domenica: Gli aiuti ricominciano. Mentre la gente aspetta, riprendono anche i bombardamenti. Otto persone sono uccise, tra cui Mahmoud Shadeh, Hesham Makshati, Hasan al-Sersawy, Najah al-Ka’aoud, Mahmoud Modardes e Mosa al-A’asod. Altre trenta persone sono ferite. L’inesistenza di strutture mediche e risorse fa ritenere che molti dei feriti si aggiungeranno presto alla lista del massacro. C’è una crudeltà in questo assedio che non sarà mai enfatizzata abbastanza. Ai residenti di Yarmouk viene concessa una sola scelta: trovare la morte negli spasimi della fame, o aspettare che discenda su di loro dall’alto.

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Claudia Avolio

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  • Non è una sorte solo dei “residenti” di Yarmouk questa di morire per fame o per bombe, ma anche di Daraya, di Ghouta, di Mouaddamiha… è la sorte di chi sta con la rivoluzione contro il regime mafioso e criminale di Assad.