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Quanto ci vorrà ancora per le elezioni parlamentari in Egitto?

elezioni Egitto

Di H. A. Hellyer. Al-Arabiya (02/03/2015). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi

elezioni egitto inL’ultima volta che l’Egitto ha avuto una legislatura piena, con un esecutivo civile, è stato nel 2011. All’epoca, Mubarak, dopo aver perso la legittimità popolare e il controllo effettivo del Paese, fu allontanato dal potere e il parlamento venne sciolto. Da allora, si sono avute delle legislature e sono stati eletti dei governi – ma mai contemporaneamente. Solo Morsi ci è andato vicino, con la camera alta del parlamento in coincidenza della sua presidenza.

Marzo e aprile 2015 erano stati presentati finora come un momento cruciale, in quanto ci sarebbero stati per la prima volta dopo più di quattro anni una legislatura funzionante e un governo eletto. Tuttavia, una serie di istanze sottomesse alla Suprema Corte Costituzionale ha sollevato diverse sfide contro il regime riguardo proprio alle elezioni.

Il tribunale ha respinto molti ricorsi, confermando la costituzionalità della legge elettorale e di quella sui diritti politici. Incostituzionale, invece, è stato ritenuto il metodo di divisione delle circoscrizioni – cosa non di poco conto, in quanto implica un effettivo ritardo delle elezioni parlamentari, con la possibilità di allungarsi all’autunno o all’inverno di quest’anno.

Dal momento che le elezioni parlamentari sono parte della road map imposta dall’esercito il 3 luglio 2013, finché non verranno svolte lo Stato non potrà affermare internazionalmente di aver completato quella che ritiene la sua transizione verso la democrazia. In altre parole, il governo può non essere entusiasta di tenere le elezioni parlamentari, ma sa che deve farle. E nonostante la presidenza le stia pubblicizzando da molti mesi durante gli impegni internazionali, il ritardo persiste.

Da una parte, questo dà l’immagine di un problema di controllo difficile da gestire per le autorità, soprattutto in vista della conferenza economica di Sharm al-Sheikh alla fine di questo mese. Dall’altra, lo si può far passare facilmente come la prova che la magistratura è davvero indipendente e che la nuova amministrazione politica è devota allo Stato di diritto. Il risultato è lo stesso: non c’è un parlamento, mentre il governo continua a godere dell’autorità legislativa senza nessun controllo o equilibrio.

Ci sono altri due aspetti da tenere in considerazione. Primo, l’idea secondo cui l’Egitto del 2010 ha riaffermato se stesso ed ha chiuso il cerchio è una semplificazione: il 2015 non è il 2010 e il regime di Mubarak è diverso da quello emergente di oggi. Ciò non vuol dire che sia migliore, anzi per certi versi è palesemente peggiore. Comunque sia è diverso, come gli elementi in gioco e le relazioni tra di essi. E se non lo si capisce, qualsiasi analisi di quanto sta accadendo – e di quanto potrebbe ancora accadere – sarà profondamente errata.

Secondo, facendo un confronto col passato – in cui il presidente Morsi governava senza un vero e proprio controllo legislativo sul suo potere – sono stati forniti dei suggerimenti per migliorare questo stato delle cose fino alle elezioni. Andavano da un consiglio presidenziale ad una commissione composta da figure politiche e legali – tutte proposte valide, volte ad ottenere consenso e affidabilità in un momento in cui l’Egitto ne aveva bisogno.

Questi consigli, come sappiamo, sono stati ignorati. Così, in tutto il periodo post-Morsi non sono stati effettuati controlli o bilanci sull’esecutivo e non è chiaro se il prossimo parlamento sarà in grado di giocare un ruolo sufficiente al riguardo.

In conclusione, ben al di là delle elezioni parlamentari – in qualunque momento si terranno – il bisogno di affidabilità del governo, a prescindere da chi sia formato, rimarrà una sfida cruciale per l’Egitto.

H. A. Hellyer è membro della Brookings Institution, del Royal United Services Institute e della Harvard University Kennedy School.

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