Di Mahmoud Ali al-Saqqaf. Al-Hayat (04/07/2017). Traduzione e sintesi di Antonia M. Cascone.
Il termine fissato dai quattro Paesi del Golfo che stanno boicottando il Qatar perché accetti le loro condizioni è scaduto, e il Paese continua a non voler collaborare. La domanda sorge spontanea: come si agisce di fronte a questo rifiuto?
Uno dei mezzi per aumentare la pressione sul Qatar è quello di revocare la sua membership all’interno del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG). Ma come e perché?
Quando fu istituito il CCG, nel marzo 1981, i Paesi del Consiglio si preoccuparono di definire quest’organizzazione nei termini di un club ristretto, di cui potevano far parte solo i sei Paesi del Golfo (Arabia Saudita, Emirati, Qatar, Kuwait e Oman), ma non inserirono all’interno dello Statuto le condizioni per poter essere accettati o estromessi. La membership del Consiglio è sempre stata appannaggio dei Paesi fondatori, e lo Statuto definisce solo ciò che lega questi sei Paesi: relazioni specifiche, caratteristiche comuni e regimi simili tra loro (vale a dire, si tratta di sistemi monarchici o principati), con la comune base della fede islamica e la volontà condivisa di cooperare per raggiungere gli obiettivi più alti della Nazione Araba.
Nelle ultime settimane, gli Stati del Golfo hanno interrotto le relazioni diplomatiche con il Qatar, adducendo come giustificazione il fatto che il Paese abbia violato i principi fondamentali che stanno alla base delle relazioni tra i Paesi del CCG, compromettendo il suo potere e colpendo la stabilità della regione attraverso il supporto di numerosi gruppi terroristici e di matrice settaria. Insieme ad altri Paesi arabi, tra cui Egitto e Yemen, questi Paesi hanno tagliato i ponti con tutta una parte del mondo arabo, quella che considerano una minaccia per la sicurezza della Umma. È chiaro che questa crisi, che non si è rivelata in tutta la sua portata, non avrebbe preso questa direzione se non ci fossero dietro questioni più pericolose, come intercettazioni che rivelano il tentativo di attentare alla vita dei principali capi di Stato del Golfo e il finanziamento di operazioni terroristiche.
La revoca della membership di uno Stato in una qualsiasi organizzazione a causa della violazione di principi e valori su cui l’organizzazione si fonda, è un fatto normale. Si ricorda, ad esempio, la revoca della membership della Repubblica Democratica Popolare dello Yemen in seno alla Lega Araba, nel 1978, dopo essere stata accusata dalla Repubblica Araba dello Yemen di essere dietro l’assassinio del presidente Ahmad al-Ghashmi, o la revoca della membership dell’Egitto dopo la firma degli Accordi di Camp David nel 1989.
C’è anche il caso della membership della Grecia nel Consiglio Europeo che fu revocata nel dicembre 1969 dopo il colpo di stato militare dell’aprile 1967, con il pretesto che il Paese avesse violato principi democratici e diritti umani. Questo breve riferimento all’esperienza greca può essere utile nel caso del Qatar e del Consiglio di Cooperazione del Golfo per quanto riguarda l’importanza dei valori e dei principi sui quali si basa la membership nelle organizzazioni internazionali: il Consiglio Europeo si basa sui valori definiti dal suo Statuto e dalla Convenzione sui Diritti dell’Uomo e non è possibile, in alcun modo, che i suoi Stati membri facciano eccezione alla regola, così la Grecia decise di ritirarsi dal Consiglio, salvo poi fare di nuovo richiesta di ammissione dopo quattro anni, alla caduta del regime golpista militare.
In sintesi, si spera ancora in un passo indietro da parte del Qatar all’ultimo momento ma, probabilmente, questa crisi offrirà spunti per riconsiderare alcuni articoli dello Statuto del Consiglio di Cooperazione del Golfo e per l’ampliamento della sua membership.
Mahmoud Ali al-Saqqaf è uno scrittore e giornalista yemenita.
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