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Protocollo. Il baciamano, ultimo simbolo della servitù.

baciamano

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TelQuel (15/02/2013). Traduzione di Emanuela Barbieri.
Baciare la mano del re è contrario ai precetti dell’Islam e ai valori universali del diritto, della democrazia e della modernità. Che cosa aspettiamo per bandire questo gesto?
“Baciare le mani è estraneo ai nostri valori e alla nostra morale. È un atto che ogni anima libera rifiuta. Dichiaro il mio rifiuto categorico a questa abitudine e vi invito a non stringere altre mani che quelle dei genitori, in segno di rispetto nei loro riguardi.” L’uomo che parla in questo modo non ha affatto la reputazione del democratico. Il paese che governa è uno dei più chiusi e dei più conservatori del pianeta. Nel 2005 infatti, il re Abdallah Ibn Abdelaziz ha stupito tutti annunciando l’abolizione ufficiale del baciamano in Arabia Saudita. Ironia della storia, passa per un progressista per alcuni osservatori marocchini, delusi dalle promesse non mantenute di Mohammed VI di alleggerire il protocollo reale all’inizio del suo regno. Il giovane monarca era allora portatore di una speranza di apertura e rinviava all’immagine di un re “cool”. L’abolizione del baciamano per Mohammed VI era parte di questi segni di modernità tanto attesi. E che ancora si attendono… fremendo d’impazienza, soprattutto dopo che il dibattito su questo rituale si è riacceso in seguito alle scosse della Primavera araba.

Modernità vs tradizione

Il 20 febbraio 2011, la strada grondava di slogan contro la corruzione e il dispotismo. I giovani manifestanti sognano modernità e democrazia. La rivendicazione della monarchia parlamentare è su tutte le labbra. Alcune settimane più tardi, il re annuncia una riforma costituzionale, in cui promette di abbandonare certe prerogative al profitto del Capo del governo. Alcuni militanti associativi colgono l’occasione e fanno riemergere la questione altamente simbolica (e quindi politica) del baciamano. Lo stesso Abdelhamid Amine, vice-presidente dell’Associazione Marocchina per i Diritti dell’Uomo (AMDH), chiede in diretta televisiva “la soppressione del baciamano e del rituale di prosternazione, contrario ai principi fondanti dei diritti umani”. La dichiarazione fa colpo. Diversi intellettuali e politici (tra cui ministri attuali del PJD) condividono.

Ma il re, egli osserva in silenzio. Lascia passare qualche settimana poi invia un nuovo segnale ai partiti politici. Il messaggio è portato da un consigliere del sovrano e in sostanza dice quanto segue: “Solamente Dio è sacro. Quanto a me, preferisco essere un re cittadino”. Che bisogna dedurne? Il re alla fine alleggerirà il protocollo che circonda i suoi ricevimenti, i suoi spostamenti e le sue cerimonie ufficiali? Niente di tutto questo. La cerimonia di fedeltà, alcuni giorni dopo l’adozione della nuova Costituzione, non è cambiata di un acca. Centinaia di dignitari, in djallaba bianca, si prosternano al passaggio del monarca arroccato sul suo cavallo, mentre dei servitori del Palazzo scandiscono all’unisono “Allah ybarek f’âmar Sidi” (“lunga vita al re”).

Il galateo dei Makhzen (con il termine “Makhzen” in Marocco si intende quella struttura gerarchica che comprende il re e gli organi di sicurezza, ndt) che è rispettato alla lettera, non presagendo alcuna riforma riguardo l’altra faccia del protocollo reale: il baciamano.

I modernisti sono sotto shock. Le loro speranze sono deluse ma il dibattito fa rabbia comunque. È ravvivato in particolare da un incidente del 9 gennaio 2012. Il principe erede Moulay El Hassan, di nove anni, inaugura il nuovo parco zoologico della capitale. Accolto da molti funzionari che si piegano in due per stringere la sua piccola manina di bambino. L’erede del trono alaouita, divertito, se lo lascia fare. Lo shock delle immagini è terribile, fanno addirittura il giro del mondo. Ovunque, soprattutto nei paesi dell Primavera araba, il video fa scandalo. La polemica riparte alla grande.

Nel maggio 2012, è l’ora di Ahmed Raïssouni di introdursi nel dibattito. L’anziano presidente del Movimento Unicità e Riforma (MUR) dichiara che “nell’islam non ci si prosterna che davanti a Dio”, in seguito al ricevimento dei sindaci appena nominati da Mohammed VI. Il teologo, molto rispettato nel mondo arabo, mette altra legna ad ardere aggiungendo che “i testi religiosi sono molto chiari a riguardo”: il baciammo è contrario ai precetti dell’islam. La sua affermazione assomiglia a una vera fatwa. Il fronte che rivendica l’abolizione della pratica e dei rituali dei Makhzen si allarga. Ai politici e ai modernisti si sono ormai aggiunti alcuni religiosi. “Ognuno rifiuta questo rituale per ragioni proprie. Per i progressisti, il baciamano rinforza la nozione del soggetto a discapito di quella del cittadino. I religiosi considerano il baciamano come un gesto quasi blasfemo. In nome della modernità, i giovani, che si sono potuti osservati tramite le reti sociali, ci vedono un arcaismo ereditato da un’altra era”, spiega il politologo Mohammed Darif.

Amazigh, un rifiuto di gruppo

La monarchia resta muta, come al solito, agli appelli degli intellettuali, dei politici, dei religiosi e dei manifestanti che reclamano l’abolizione ufficiale della pratica. Dalla sua ascesa al trono, 12 anni fa, Mohammed VI preferisce dare una sfumatura artistica alla questione. Tende o meno la propria mano per il bacio a seconda dell’interlocutore e del contesto politico. L’esempio più evidente è il ricevimento dei membri dell’Istituto Reale della Cultura Amazigh (IRCAM). Il 27 giugno 2002, tre anni dopo essersi seduto sul trono, Mohammed VI affronta la prima messa in causa del cerimoniale secolare della monarchia. Quel giorno, al palazzo di Rabat, una quarantina di militanti amazigh attendono di essere nominati al consiglio di amministrazione de questo nuovo organismo reale. Si sono tutti messi d’accordo per non fare il baciamano rituale al sovrano.

Questo precedente dà da pensare alla stampa la quale, in certi casi, lo presenta come un atto d’insubordinazione. Quest’analisi è senza dubbio esagerata. Diversi membri dell’IRCAM difendono piuttosto la nuova aria che si respirava all’epoca, non sono davanti a Hassan II, re che aveva negato la realtà amazigh, ma a Mohammed VI, un monarca che l’ha accettata. Il loro rifiuto, secondo loro, è un adeguarsi all’apertura politica dell’epoca. “Il baciamano, simbolo di un protocollo tradizionale,non era obbligatorio davanti a un nuovo re e all’inizio di una nuova era”, afferma Ahmed Assid, membro dell’IRCAm. Da parte sua, Mohammed VI non si offende del gesto, anche se gli incaricati al protocollo quel giorno insistono perché i nominati si pieghino all’etichetta. I militanti amazigh, invece, hanno deciso di attenersi alla loro “etica personale”, secondo l’espressione di un amministratore dell’IRCAM. Si voleva sottolineare con forza la riconoscenza di una parte essenziale dell’identità del Marocco rimasta silenziosa sotto Hassan II.

La stessa logica di rottura con il regno del re defunto spiega il rifiuto del baciamano da parte dei membri dell’Istanza Equità e Riconciliazione (IER) in occasione della loro nomina da parte di Mohammed VI. Incaricati di estinguere la passività degli anni di piombo, questi anziani militanti di estrema sinistra, ex-oppositori della monarchia sguazzati in prigione, non potevano prestarsi al gioco del baciamano senza sentire rinnegato l’impegno passato. La simbologia era forte, piena di significato, non poteva concludersi che con una stretta di mano in un periodo in cui la parola d’ordine era la riconciliazione. L’atteggiamento incerto della coppia Driss Yazami e Mohammed Sebbar, entrambi vecchi oppositori politici, che hanno salutato Mohammed VI senza baciargli la mano, in occasione della loro nomina alla testa del Consiglio Nazionale dei Diritti dell’Uomo (CNDH), erede dell’IER.

 

mohammed-VILa mano di Dio

Sotto il vento di una nuova Costituzione in cui non si parla più della sacralità del re, e condotti dalla loro vittoria alle legislative del 2011, i ministri del PJD del governo Benkirane hanno così approfittato di un contesto favorevole per fare una bella distorsione al protocollo reale. Come con un semplice uomo, si sono tutti accontentati di baciare la spalla di Mohammed VI inclinando appena la testa.

In realtà non era la prima volta. All’epoca del governo d’alternanza sotto Hassan II, anche il Primo ministro Abdelrahman Youssoufi, Mohamed Elyazghi, Mohamed Ashaari e consorti non avevano rispettato la regola. Ma nel caso del PJD, questo rifiuto del baciamano aveva, al di là della dimensione della “transizione politica”, una dimensione coranica. “Non prestarsi a questo rituale è nella giusta linea delle critiche emesse da Ahmed Raïssouni del MUR (il think thank del PJD) nel momento della ricezione dei wali da parte di Mohammed VI. Il rifiuto dei ministri del PJD di piegarsi al gesto è motivato in primo luogo da motivi religiosi, a salvaguardia dell’uguaglianza degli uomini davanti a Dio”, spiega il politologo Youssef Belal. Il PJD non era l’Istiqlal di Abbas El Fassi, capo di un governo che si è sottomesso al protocollo nella sua totalità. Gli islamisti dovevano incarnare una rottura. “Era chiaramente un modo per il PJD di segnare il suo ingresso in politica”, spiega il ricercatore Mohammed Darif.

Mohammed VI non ne è rimasto sorpreso, quasi se lo aspettava. Mustafa Ramid, Lahbib Choubani et Saad-Eddine El Othmani, tutti e tre divenuti ministri del PJD, avevano già sottolineato in un manifesto firmato nel marzo 2011, molto prima della loro vittoria alle legislative, di essere per l’abolizione di “pratiche umilianti e che attentino alla dignità umana”. Con il baciamano come obiettivo prioritario. Mohammed VI ha imparato a gestire le distorsioni del PJD agli usi e ai costumi del Palazzo, avendo già avuto a che fare con questo genere di situazioni. “Ma questo non vuol dire che non lo rispetto in quanto simbolo dello Stato. Inoltre, nessuno è mai stato obbligato.Nessun funzionario, contrariamente a ciò che si possa pensare, verrà a dirvi che bisogna piegarsi in quattro o baciare la mano del re”, ha aggiunto Darif.

Commissione dello Stato: un passaggio obbligatorio

Certamente. La scelta di piegarsi o meno è accordata al nuovo governo PJD, alle istituzioni amazigh e a quelle incaricate dei diritti umani. Ma non è lasciata ai centri di potere rappresentati dall’esercito, i governatori e i sindaci. Niente di nuovo sotto il sole per loro. Sono, nuovo regno o meno, sempre sottomessi agli stessi riti, codici e cerimoniali che prevalevano all’epoca di Hassan II. Un pesante dispositivo protocollare che ha la stessa funzione coercitiva che aveva al tempo del re defunto: il mantenimento della supremazia politica e simbolica del monarca. Mohammed VI non diceva niente di diverso in un’intervista per Paris Match nel 2004: “Lo stile è differente (paragonando con Hassan II, ndr) ma il protocollo marocchino ha la sua specificità e io tengo a che il suo rigore e ognuna delle sue regole siano preservate. È una preziosa eredità del passato (…) che deve tuttavia adattarsi al mio stile”. Tra le righe, bisogna dire che questo nuovo stile esclude i privilegi diretti dei poteri reali di Mohammed VI. Questa rigidità è stata giustificata dal precedente direttore del protocollo e attuale portavoce del palazzo, Abdelhak Lamrini, il quale, in un’intervista a Maroc Hebdo, annunciava chiaramente che non si aveva alcuna intenzione di cambiare minimamente il rituale, specialmente per tutti coloro legati direttamente al potere reale: “La scuola protocollare marocchina è una scuola makhzanita, secolare, che tiene alle sue tradizioni, ai suoi costumi, a differenza degli altri protocolli che sono considerabilmente più flessibili”. Il politologo Youssef Belal rileva con chiarezza: “Il Palazzo rimane scrupoloso con i militari e con la Commissione di Stato. Per tutte le persone in possesso del ‘hard power’, il baciamano è un passaggio obbligato segno della loro sottomissione”.

Besame mucho

Che ne è del marocchino medio? Le scene di giubilo popolare che scandiscono i bagni di folla di Mohammed VI e le effusioni che gli accompagnano sottolineano chiaramente che la popolazione accetta il baciamano senza farsi domande. Anzi, secondo il sondaggio effettuato nel 2009 da TelQuel sull’immagine che hanno i marocchini del re, la maggioranza dei sondati afferma di essere a favore del baciamano. Come interpretare questa realtà? Per il politologo Mohammed Darif, bisogna vedere nell’atto il rispetto che i marocchini hanno per il re in quanto discendente dal profeta. Un rispetto dovuto al suo status di shrif (capo religioso discendente dal profeta, ndt), potenziato dalla deferenza inerente al suo statuto di monarca. “Che gli oppositori al baciamano lo vogliano o meno, la società marocchina ha interiorizzato il gesto come forma di rispetto per l’aura di un re che è in aggiunta un capo religioso”, sottolinea.

Secondo Mohammed Darif, questa interiorizzazione è così forte che si bacia anche la mano delle persone vicine al re e dei rappresentanti del potere temporale del monarca. La legge di transitività richiede che così si onori Mohammed VI. “Abbiamo tutti in mente l’immagine di quell’anziano signore nel mentre di baciare la mano di Fouad Ali El Himma a causa della sua prossimità al re. Certe persone arrivano a baciare la mano persino ai governatori e ai sindaci”, dice per esempio. “I marocchini possiedono una ‘teoria selvaggia’, implicita, del loro regime politico, che i modernisti opponenti al baciamano non acquisirebbero mai. Baciare la mano del re, come quella del papa per un fedele della Chiesa cattolica, sono dei gesti visti come un onore e una consacrazione, non come asservimento”, dichiara il politologo Omar Saghi.

Senza dubbio inoltre, le trasmissioni televisive interminabili del cerimoniale all’epoca di Hassan II, poi sotto l’era di Mohammed VI, hanno contribuito a saldare nello spirito dei marocchini l’inevitabilità di passare attraverso il rituale. “La ritrasmissione delle attività reali duplica all’infinito quest’immagine di riverenza un po’ anacronistica”, segue Omar Saghi. E il ricercatore Youssef Belal in aggiunta: “La televisione generalizza la dimensione di servitù. Impatta le persone e in parte spiega perché il cittadino medio si getta per baciare la mano di Mohammed VI”.

Un simbolo della monarchia esecutiva

Quand’anche Mohammed VI volesse abolire il baciamano, potrebbe affrontare questa pietra angolare del protocollo makhzeniano, senza indebolire l’immagine dell’istituzione monarchica? La prima sacca di resistenza si trova nel seno stesso del Palazzo. “Il protocollo reale resiste dopo dodici anni a molti cambiamenti. Sono tradizioni codificate, gelosamente osservate da gente che vive in isolamento e che li trasmette come una specificità della monarchia marocchina”, analizza questo anziano ministro. Un lungo accumularsi di segni di servitù, strati costruiti dai predecessori di Mohammed VI e giunti a suo padre Hassan II. La seconda barriera riposa nella natura del potere reale che, per essere esercitato pienamente, non può abrogare dal giorno alla notte il baciamano, a meno che non avvenga un cambiamento radicale dei legami d’autorità che uniscono il re ai suoi “sudditi”. E anche in caso i abolizione della forma, il fondo non cambierebbe. “Il baciamano non è che una conseguenza della monarchia esecutiva. È la  materializzazione di una concezione arcaica delle relazioni tra un re e i suoi sudditi. L’abolizione, pertanto, non cambierebbe la natura di queste relazioni”, analizza Youssef Belal. Sarebbe dunque necessario, secondo diversi dei nostri interlocutori, che il re mettesse una croce sopra i suoi poteri di capo religioso, militare e politico affinché questa pratica sparisca definitivamente. Cosa che si può dire non accadrà domani. E quando accadrà (si può sempre sognare), si troveranno sempre dei funzionari, degli eletti e degli anonimi che gli baceranno la mano per annusare un po’ della benedizione dello shrif, discendente dal profeta. Davanti a tutte queste questioni, il Palazzo sembra aver scelto la via più consensuale e senza dubbio anche una delle più confuse: il baciamano non è obbligatorio sotto Mohammed VI. Coloro che si sacrificano sono i benvenuti. Quelli che se ne astengono non sono una preoccupazione. Un’altra eccezione marocchina che ha dei bei giorni a venire…

 

 

http://www.telquel-online.com/En-couverture/Protocole-Le-baisemain-ultime-symbole-de-la-servitude/554

 

About the author

Emanuela Barbieri

Emanuela Barbieri è specializzata in Comunicazione Digitale e Internazionale, SEO Specialist e Consulente di Marketing digitale.
Grazie alla lingua araba ha realizzato progetti ponte tra l'Italia e l'area MENA - Nord Africa e Medio Oriente -, affiancando alla laurea in Lingue e Comunicazione Internazionale una formazione in ambito digitale: siti web, SEO, digital advertising, web marketing.

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