Il prezzo che la Turchia deve pagare per un compromesso in Siria

Turchia Siria

Di Lina Khatib. Al-Hayat (01/09/2016). Traduzione e sintesi di Laura Cassata.

È passato quasi un anno dall’inizio della campagna militare russa in Siria e solo adesso inizia a intravedersi una nuova fase del conflitto siriano, nella quale la Turchia si trova in prima linea. La posizione turca all’interno del conflitto si è trasformata lentamente, avvicinandosi a quella americana e russa.

Gli Stati Uniti e la Russia hanno sempre sostenuto posizioni divergenti in merito al conflitto siriano: i primi hanno costantemente voluto una dipartita del presidente Assad, mentre la seconda ha sempre rifiutato un cambio di potere in Siria.

Allo stesso tempo, il regime siriano ha consentito indirettamente la crescita di gruppi come Daesh (ISIS), soprattutto dal momento in cui quest’ultimo ha iniziato a prender di mira i ribelli siriani.

Negli ultimi tempi, gli stati Uniti e la Russia stanno discutendo di un possibile accordo per risolvere il conflitto, prevedendo la possibilità che Assad resti alla guida del paese durante la fase di transizione.

Di conseguenza, la Turchia si è trovata sempre più sotto pressione. Essa ha sempre cercato attivamente di rimuovere Assad, sostenendo i gruppi armati in Siria e ha visto nell’ascesa di Daesh un’opportunità per liberarsi in fretta del presidente siriano e per reprimere il PKK a sud. Questa strategia l’ha portata ad essere considerata, dagli Stati Uniti e dall’Europa, come un elemento di instabilità, esponendola a numerose pressioni che l’hanno spinta ad aderire, sebbene riluttante, all’alleanza. In cambio, la Turchia si aspettava un sostegno attivo da parte degli USA per rimuovere il presidente Assad. Ma questo non è accaduto.

La Turchia si è sentita isolata: da un lato ha dovuto affrontare le intimidazioni russe, dall’altro ha visto svanire il possibile sostegno degli Stati Uniti, che si sono avvicinati alle posizioni di Mosca. Sul fronte interno, invece, la Turchia ha subito numerosi attacchi da parte di Daesh e ha temuto la possibile creazione di una regione curda autonoma al confine con la Siria.

Tra tutti questi problemi, la possibilità di un’autonomia curda al di fuori del Kurdistan iracheno è la linea rossa per la Turchia, una linea da non superare. Per tale ragione, essa ha dovuto accettare un compromesso che prende la forma della Siria. Pochi giorni fa, il primo ministro turco ha annunciato che il suo paese accetterà che Assad resti al potere durante la fase di transizione. Per la prima volta, nella storia del conflitto siriano, la Russia, gli Stati Uniti e la Turchia si muovono verso una soluzione condivisa, sebbene essa vada a discapito dei curdi.

In tutto ciò, l’economia turca subisce un’influenza negativa ed è possibile che gli attacchi di Daesh e del PKK continuino. Questa fase potrà senza dubbio essere superata, ma le ripercussioni locali, economiche, politiche e sulla sicurezza meritano sicuramente una pausa di riflessione.

Lina Khatib è una scrittrice libanese, direttrice del programma Medio Oriente e Nord Africa presso la Chatham House di Londra.

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