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Potere politico e libertà di stampa in Marocco: intervista ad Ali Anouzla

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Ali Anouzla

Nella cornice della seconda edizione di Imbavagliati, festival internazionale giornalismo civile di Napoli dedicato alla libertà di espressione, abbiamo fatto qualche domanda ad Ali Anouzla, giornalista marocchino direttore del sito Lakome, noto per la sua posizione alquanto critica nei confronti dell’establishment del Regno, che più di una volta lo ha fatto scontrare con la giustizia marocchina. Con Anouzla, abbiamo parlato di politica marocchina, soprattutto in vista delle prossime elezioni, e naturalmente di libertà di stampa e di espressione.

Il prossimo 7 ottobre ci saranno le elezioni legislative in Marocco, dove il partito islamista ha certe possibilità di vittoria, ma sembra stia venendo ostacolato. Nel suo ultimo editoriale su Lakome, ha dichiarato che il primo ministro Abdelillah Benkirane si è messo in diretto conflitto con il re Mohammad VI. Dal suo punto di vista, esiste al momento in Marocco una controversia tra il monarca e il capo del governo?

Innanzitutto, per comprendere la situazione in Marocco bisogna sapere che nel Paese non vige una vera democrazia, ma una democrazia ibrida, una democrazia in cui sono sempre il re e il palazzo ad accaparrarsi tutto il potere – esecutivo, legislativo e giudiziario. Inoltre, il re del Marocco è guida spirituale dei credenti, quindi ha anche un potere divino. I governi non hanno che un piccolo margine di manovra, nonostante vengano eletti. Il governo attuale, presieduto per la prima volta da un partito islamista, non ha la libertà di eseguire il programma che ha presentato alle elezioni del 2011. Il palazzo reale tiene tutti i partiti, sopratutto quelli al governo, sotto il suo controllo. Il governo e la personalità di Benkirane – un uomo che ha la capacità di comunicare col popolo – a volte sorpassano questo controllo e per questo il palazzo non ne può più di Benkirane e del suo partito. In Marocco, la monarchia crede di essere la sola a poter avere una legittimità popolare e nessun’altra forza politica, neanche se si tratta di un partito islamista. È per questo che ora sta procedendo con delle manovre affinché il partito islamista non abbia la maggioranza alle elezioni del 7 ottobre e affinché Benkirane e il suo partito non arrivino a formulare il prossimo governo. Finora è questo il problema delle prossime elezioni.

Tutte le votazioni che hanno avuto luogo sotto il regno di Mohammad VI sono state scevre da manipolazioni e condotte nella maggiore trasparenza; oggi però si teme per eventuali brogli elettorali. Pensa che questi timori siano fondati? C’è davvero la possibilità che ciò accada?

Che si verifichino brogli elettorali evidenti come quelli che si vedevano tra gli anni ’70 e ’90 non credo. Oggi la tecnica dei brogli è stata addirittura sviluppata: potrei dire che oggi ci sono delle elezioni controllate, elezioni che sono più o meno programmate, perché la frode adesso avviene ancora prima delle elezioni e non al momento del voto. Come? Innanzitutto a partire dal sistema elettorale stesso, che non è affatto democratico, e a partire dalle liste dei votanti: ancora oggi, non tutti i marocchini hanno il diritto di voto ma solo chi è registrato nelle liste. Tuttavia, queste sono liste che risalgono a dieci o forse venti anni fa, dove addirittura figurano persone ormai decedute, ma che risultano  ancora iscritte. Ed è il ministero dell’Interno che definisce queste liste, benché non si sappia che in modo. Inoltre, il sistema di scrutinio in Marocco permette a un solo partito di avere la maggioranza e tutti i partiti candidati non possono superare la soglia del 25%. Quindi è un sistema in cui il potere viene conferito dal palazzo per controllare il risultato delle elezioni manipolandolo. In Marocco le elezioni non hanno mai riflettuto la vera volontà del popolo, perché sono sempre state elezioni controllate prima e dopo dalle autorità. E con autorità intendo il palazzo reale attraverso il ministero dell’Interno, il cui ministro è a sua volta designato dal re, non appartiene a nessun partito politico ed è sotto la tutela diretta del monarca e delle sue direttive.

Personalmente, cosa si aspetta da queste elezioni? Quali sono a suo avviso le prospettive post-elettorali?

Sinceramente, non mi aspetto grandi cambiamenti. L’attuale partito islamista al potere ha molte potenzialità diciamo di “vincere”, vale a dire di essere il primo partito del Paese, ma anche se dovessero ottenere la maggioranza nelle prossime elezioni non avranno mai tutto il potere nelle loro mani. Si ritornerebbe alla stessa situazione di ora, cioè avremo un capo di governo che aspetta sempre le direttive del re e non un capo di governo che esegue la volontà di quanti lo hanno votato. Questo è il disagio di tutti i partiti politici partecipanti, perché anche se durante le campagna elettorale presentano programmi agli elettori, sarà poi il re a decidere le misure da applicare.

Cambiando argomento, parliamo di libertà di opinione e di espressione. In un’intervista da lei rilasciata al Carnegie Endowment for International Peace nel 2014, all’epoca del suo primo arresto, ha dichiarato che il governo e i suoi sostenitori cercano di far apparire i giornalisti come una forza di opposizione, giustificando così la repressione dell’editoria indipendente. Pensa che ci sia stata un’evoluzione nella libertà di stampa in Marocco negli ultimi anni?

Sfortunatamente la risposta è un “no” secco. Stiamo vivendo una vera regressione, aggravatasi soprattuto negli ultimi tre anni, a causa della controrivoluzione in atto nei Paesi della Primavera Araba. In particolare, dopo il colpo di Stato in Egitto nel mondo arabo è stato fatto un grande passo indietro in termini di libertà di stampa. Anche in Marocco abbiamo vissuto questa regressione, perché durante la Primavera araba, soprattuto tra il 2010 e il 2011, c’era stata una grande apertura nel Paese, un’apertura che non era stata voluta dal potere, ma che è stata frutto dei giornalisti indipendenti che hanno spinto le barriere oltre il limite, che hanno cercato di alzare la linea di confine delle libertà di espressione e di stampa. Subito dopo quanto accaduto in Egitto e quanto accaduto anche in altri Paesi, come le guerre civili in Siria e in Libia, ha avuto inizio una vasta regressione in Marocco. Al momento, la maggior parte della stampa non è indipendente. È vero che ci sono ancora giornalisti indipendenti, ma questi giornalisti si fanno molta auto-censura su quanto scrivono e su quanto vorrebbero scrivere riguardo argomenti che in Marocco sono considerati delicati e sensibili.

Intervista e foto di Roberta Papaleo.