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Possa ogni nuovo anno trovarti libero

Di Belal Fadl. Al-Shorouk (01/01/2014). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello.

Caro Alaa Abdel Fattah,

possa ogni nuovo anno trovarti bene, coraggioso e libero.

Ti scrivo nell’ultimo giorno di un anno miserabile in cui i sogni egiziani di un governo civile fatto di libertà, dignità e giustizia sociale sono stati trasformati nell’incubo di un governo militare fino al midollo che garantisce la libertà solo a chi lo applaude, protegge la dignità solo di coloro che beneficiano dell’assenza di giustizia sociale e dell’esistenza di più Stati nello Stato.

Spero che il nuovo anno veda l’inizio della fine di questo incubo e il ritorno della consapevolezza per tutti coloro che non hanno realizzato che la rivoluzione non è mai stata la causa della sofferenza degli egiziani. Piuttosto, è stata il risultato di un pluridecennale fallimento nell’affrontare le cause di questa sofferenza. Una sofferenza dalla quale non li salverà nessun mandato affidato a un’autorità oppressiva, i cui uomini e comportamenti  sono la ragione principale della deplorevole condizione in cui versa l’Egitto.

Avrei voluto mentire e dirti che i media ti stanno sostenendo, ma la verità è che oggi tu non sei più ricordato o menzionato da molti dei difensori della libertà. Hai commesso un reato grave quando ti sei arrabbiato per il sangue scorso nel massacro di Rabaa e un altro crimine quando non hai voluto dare carta bianca all’autorità oppressiva. Il tuo crimine peggiore, però, è stato quello di non smettere di ricordare a tutti che la polizia e l’esercito avevano commesso dei crimini, di chiedere che si assumessero la responsabilità dei loro reati, così come dovevano fare anche i leader della Fratellanza.

Lo Stato ha dovuto trattarti come un terrorista: ti ha assalito, ha  terrorizzato la tua famiglia e ha violato i tuoi diritti legali. Non perché credesse che ti avrebbe fermato, sapeva che non avresti desistito da quello che tu consideri un dovere nazionale, ma per inviare un messaggio a chiunque faccia, o pensi di fare, quello che fai tu. Tu che sei solito rifiutare la solidarietà che susciti pensando che ci siano rivoluzionari sconosciuti che hanno dato al Paese più di te.

Cosa avete in comune, tu e le centinaia di detenuti, ai quali molte volte i giornali non danno nemmeno un nome, è che a voi viene riservato il trattamento peggiore, perché voi non avete rubato la nazione e non l’avete trasformata in un feudo come aveva fatto Mubarak. Sono sempre stato colpito dalla vostra capacità di essere, attraverso la vostra allegria beffarda e il vostro spirito rivoluzionario, la luce che ci tiene compagnia nella solitudine di questo tunnel che non siamo sicuri abbia una fine.

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