Di Adil Suleiman. Al-Araby al-Jadeed (05/05/2016). Traduzione e sintesi di Maddalena Goi.
Resistere è la cosa più nobile che gli esseri umani possono fare di fronte all’oppressione e all’ingiustizia, a difesa della fede e della terra, della nazione e dell’identità nello sforzo di sostenere i valori della libertà, del diritto e della giustizia. Questo permette all’uomo di vivere una vita nobile ossia quello stato in cui il cittadino gode di specifiche condizioni economiche, sociali e politiche ma anche militari, a nome della sicurezza della nazione e dei cittadini. Dotare la società della capacità di lavorare e produrre, incluso la realizzazione di tassi di sviluppo globali, porta all’aumento della qualità e degli standard di vita di tutti i cittadini. Occorre pertanto sostenere lo sviluppo della civiltà globale aumentando la capacità di competitività nel mondo del libero mercato.
In realtà, questo stato viene chiamato sicurezza nazionale. Ciò significa che raggiungere e conservare la sicurezza nazionale è una responsabilità comune tra tutti i cittadini, senza distinzioni di orientamenti politici o appartenenze sociali, inclusa l’autorità di governo. Ottenere la sicurezza nazionale richiede di identificare i rischi e le minacce ad essa correlata stabilendo come affrontarli.
In questo quadro, il popolo arabo, per lungo tempo, è stato riunito sotto un’unica entità politica nonché l’Impero Ottomano che era responsabile di garantire e mantenere la sicurezza nazionale di tutto il suo popolo. Successivamente, quello stesso popolo si è trasformato in un gruppo di entità politiche nazionali fino alla nascita di qualche regno ed emirato o di qualche staterello. Ma nessuno di loro è mai stato veramente indipendente, questi ultimi hanno sempre subito l’influenza dell’occupazione straniera a partire dalla fine della I Guerra Mondiale quando le potenze occidentali vincitrici si sono spartite l’eredità dello stato ottomano attraverso il famoso accordo Sykes-Picot.
Così, il popolo arabo si è trovato ad affrontare le sfide derivanti dalla nuova situazione politica coloniale con tutte le complessità del caso. Il solo strumento a disposizione del popolo è ed è stata la resistenza, intesa come concetto globale, non solo per opporsi all’occupazione straniera o alle minacce esterne ma anche per resistere all’oppressione, all’ingiustizia, alla vergogna e a tutto quello che viola la sicurezza del paese e dei cittadini.
Nel corso degli ultimi cento anni, il popolo arabo ha combattuto diverse forme di resistenza, totalizzando sia vittorie che sconfitte. È il caso del progetto sionista di insediamento in Palestina in cui la resistenza araba ha mostrato il suo fallimento, o dei regimi nazionali legati alle rivoluzioni militari. Ma i fallimenti maggiori si sono registrati all’interno della struttura statale dove la resistenza non è riuscita ad ottenere i successi sperati nel settore del diritto, della libertà e della giustizia sociale.
L’inizio del 2011 ha visto lo scoppio delle Primavere arabe che ha portato il vento della Rivoluzione sia nel Mashreq arabo che nei paesi del Golfo e nel Magreb sebbene, per la maggior parte, abbiano fallito nel raggiungimento dei loro obiettivi. Attualmente, ciò che si profila nel panorama arabo, è una sensazione generale di frustrazione e insoddisfazione. In questo scenario, la resistenza rimane l’unico segno di speranza e di luce in mezzo a questa fitta nebbia.
Ma resta la domanda più importante da porsi: che fine farà la resistenza? E come è possibile conservarla fino al raggiungimento degli obiettivi del popolo? Questo interrogativo richiede una valutazione oggettiva del cammino della resistenza, sia di quella contro la potenza occupante usurpatrice delle terre e dei diritti, sia della resistenza alle autorità e ai governi interni oppressivi. In cosa ha avuto successo? Dove ha fallito? Occorre correggere quel cammino affinché essa sia riconosciuta da tutte le forze nazionali di tutte le appartenenze ideologiche. Solo così, inevitabilmente, vincerà il popolo.
Adil Suleiman è uno scrittore e ricercatore accademico egiziano esperto in affari strategici e sistemi militari.
I punti di vista e le opinioni espressi in questa pubblicazione sono di esclusiva responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente il punto di vista di Arabpress.eu
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