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Patriarca maronita Raï, siamo tutti con te!

Di Bissane al-Sheikh. Al-Hayat (10/05/2014). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti.

Ogni volta che io e i miei amici e colleghi palestinesi ci vediamo ad Amman o in altre città e non sappiamo quando ci rincontreremo, ci diciamo “Inshallah, la prossima volta sarà a Gerusalemme”. Mi raccontano le ultime notizie sulla città santa e sulla sua gente, mentre io esprimo le mie fantasie e le mie speranze su Gerusalemme. Il desiderio di poter visitare questa città è condiviso dalla maggior parte dei ragazzi arabi della mia generazione, specialmente da quelli cui la legge lo proibisce. Oggi, però, sempre in di più hanno smesso di esprimere questo desiderio.

In occasione delle visita di papa Francesco in Terra Santa, ci sarà anche Béchara Boutros Raï, il patriarca della chiesa maronita libanese. Non condivido la politica e la corrente sentimentale della destra cristiana, e specialmente maronita. Infatti, la città, già da qualche tempo, svuotata del suo significato storico e religioso legato alla tradizione maronita, è rimasta legata alla divisione politica che l’ha resa uno spauracchio di Jounieh, la città libanese dove ha sede il patriarcato maronita.

In ogni caso, il solo fatto di annunciare una visita a Gerusalemme ha aperto una crepa non soltanto nelle nostre menti, ma anche nel muro della “normalizzazione” dei rapporti diplomatici con Israele che abbiamo costruito da decenni e abbiamo sostenuto con il cemento armato. Questo non ha fatto altro che allontanarci dalla Palestina e dalla sua gente, molto di più di quanto non abbia fatto il muro stesso che Israele ha costruito. Così, oggi, la nostra voce interiore che ci legava alla città rimane soffocata.

Quindi, tra le domande da porre al patriarca Raï, la cui opinione politica è risaputa: dalla sua predilezione per una fazione libanese piuttosto che un’altra, al suo sostegno al regime siriano considerato come il protettore delle minoranze, la più sentita è: come si potrà rompere il “tabù” della normalizzazione e manifestare questo desiderio latente che tutti abbiamo?

Se è vero che il capo della chiesa maronita in Libano riconduce la sua visita alla mera divisione religiosa, allora i maroniti non potrebbero difendersi e se benedicessero l’iniziativa di Raï sarebbero oggetto di un doppio tradimento. Nello specifico, darebbero prova di preferire Israele ed essere propensi alla normalizzazione dei rapporti diplomatici a scapito dei palestinesi. È per questo che, forse, per ironia della sorte, i difensori del patriarca, in questa momento, sono proprio i suoi oppositori politici.

Infatti, chi si oppone alla vista di Raï intravede la seria possibilità di una normalizzazione con il nemico israeliano. Al contrario, i suoi sostenitori la interpretano come un rifiuto al concetto di “Stato ebraico”, invocando quello di “Stato multireligioso”.

Se il patriarca è profondamente attaccato a Gerusalemme, alla questione palestinese e ai cristiani come dice, allora deve prendere una posizione chiara: deve che far tornare lo scopo della discussione generale alla Palestina e rompere i tabù su di essa, difendendola da chi vi si è opposto, generazione dopo generazione. Deve andare e chiedere il diritto di ritorno dei palestinesi in modo chiaro, e non a causa del degrado nei nostri campi profughi che violano ogni diritto umano.

Infine, dovremmo chiedere a noi stessi: amiamo a sufficienza Gerusalemme e ce ne preoccupiamo abbastanza? Con questa prerogativa, in milioni seguiremo la visita del patriarca.

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