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Passaggi: “Mio Caro Kawabata” di Rachid Daif

Dal blog Mille e una pagina di Claudia Negrini

Mio caro Kawabata Daif

Ecco per voi un estratto di un romanzo dello scrittore libanese Rachid Daif. L’autore, rivolgendosi al suo interlocutore Yasurani Kawabata, gli spiega come mai stia indirizzando le sue lettere proprio a lui e non a un altro intellettuale, magari arabo.

Caro Kawabata,

lo sai ora perché mi rivolgo a te, solo a te e a nessun altro dei miei connazionali arabi, e talvolta mi dico che tu saresti potuto non esistere, e ho paura. Non mi hai forse salvato, con quello che hai fatto nell’ultimo momento della tua vita?

Inoltre forse saprai che se i miei connazionali arabi non mi credono, non lo fanno perché sono convinti della virtù dell’oblio, o per la necessità del progresso. In genere essi si nutrono della memoria, della grande memoria, basandosi sull’idea che noi arabi, un tempo, eravamo signori della terra. Ecco perché la rinascita è un tema su cui vertono in genere tanto i discorsi politici quanto la letteratura.

Quei miei connazionali conoscono esattamente il futuro, perché si sono già fatti un’idea sul passato, come lo preferiscono vedere, e come vorrebbero che fosse e, quando hanno un problema, sanno in anticipo qual è la causa. La loro sofferenza è l’amarezza che scaturisce dall’incapacità di realizzare le loro aspirazioni chiare e precise.

Buona Lettura!

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