Di Daoud Kuttab. Al-Monitor (20/08/2014). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.
Nelle negoziazioni tra Israele e Palestina sponsorizzate indirettamente dall’Egitto è venuta a mancare una parola chiave: Rafah. Il villaggio di confine è diventato sinonimo di uno dei peggiori esempi del contributo arabo all’assedio illegale sulla Striscia di Gaza.
Per essere esatti, Rafah è solo uno dei sei punti di collegamento terrestre tra Gaza ed il resto del mondo. Tutti gli altri sono controllati da Israele. Il valico di Rafah è stato creato come un passaggio per soli passeggeri, ma le ragioni per proibirne il movimento di merci ha a che fare per lo più con il conflitto israelo-palestinese. Se Rafah diventasse un valico di frontiera internazionale per il movimento delle merci, cosi come delle persone, indebolirebbe la pressione su Israele per porre fine all’occupazione di Gaza e permetterebbe il passaggio di merci tra la Striscia e la Cisgiordania.
Una delle principali caratteristiche della sovranità statale è la capacità di gestire le dogane sulle merci in entrata. Anche se i gazawi potessero trasportare liberamente merci da e per l’Egitto, non gli sarebbe permesso fare lo stesso nei territori della Cisgiordania occupati da Israele, a causa delle notevoli differenze nella normativa doganale. Oggi, come conseguenza del Protocollo di Parigi del 1994, Israele raccoglie le quote doganali in nome dei palestinesi e le consegna al governo di Ramallah.
Quando i tunnel tra Gaza e l’Egitto erano operativi, questa questione era irrilevante. Con le dure politiche “anti-tunnel” del governo El Sisi, tuttavia, la normativa doganale per il passaggio di beni verso Gaza deve ora essere rivista. Palestinesi e israeliani hanno rimosso la questione di Rafah dai negoziati indiretti, constatando correttamente che si tratta di un tema bilaterale tra Egitto e Palestina. I negoziatori palestinesi hanno dichiarato che si aspettano che l’accordo del 2005 sul movimento e sull’accesso, ed il relativo annesso su Rafah, sia preso come riferimento per ripristinare il valico.
Intanto, in vista della potenziale riattivazione, l’Unione Europea, in precedenza responsabile della supervisione internazionale del valico in collaborazione con il governo palestinese di Ramallah, si è mossa in direzione dell’approvazione del ripristino della Missione di Assistenza Frontaliera a Rafah. La Guardia Presidenziale palestinese e gli osservatori europei hanno gestito il valico per due anni, tra il 2005 ed il 2007, prima che Hamas prendesse il controllo di Gaza e scacciasse il personale di sicurezza leale ad Abbas. Le diverse fazioni palestinesi a Gaza, tra cui Hamas stesso, hanno apertamente dichiarato la loro approvazione circa il ritorno della Guardia Presidenziale e della missione frontaliera dell’UE.
Tuttavia, ci vorrà del tempo prima della riapertura del valico di Rafah. Una volta raggiunta una tregua duratura nel conflitto nella Striscia, ci si aspetta che le attività possano venire rapidamente ripristinate. Delle negoziazioni separate tra i governi egiziano e palestinese dovrebbero essere intavolate il giorno dopo l’entrata in vigore della tregua. La visita al Cairo che Abbas ha in programma per il prossimo 22 agosto – possibilmente accompagnato dal leader di Hamas, Khaled Meshaal – darà sicuramente il giusto impulso alle trattative per la riapertura del valico. Gli osservatori europei hanno già ricevuto l’incarico da Bruxelles e le guardie palestinesi riceveranno quasi sicuramente l’approvazione di Abbas.
Con o senza il movimento di merci, la riapertura del valico di Rafah 24 ore su 24 dopo l’implementazione di una tregua permanente influenzerà in maniera profonda gli abitanti della Striscia di Gaza, che lo vedranno come segno visibile verso la fine della guerra e dell’assedio.
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