di Elias Harfoush. Dar al-Hayat (30/11/2012). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. A 65 anni dal voto per la divisione della Palestina in due territori separati, uno arabo ed uno ebraico, l’Assemblea Generale dell’Onu è tornata a votare, ieri, una risoluzione che ha concesso alla Palestina lo status di “osservatore non-membro”. I palestinesi hanno così festeggiato il riconoscimento del loro diritto ad avere uno Stato palestinese, che ormai corrisponde al 22% della Palestina storica, in seguito alla sconfitta del 1967 che ha segnato l’inizio dell’occupazione israeliana in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme.
Tuttavia, il riconoscimento simbolico di uno Stato di Palestina non sarà sufficiente per porre fine alla divisione ed al conflitto tra palestinesi ed israeliani. La decisione presa ieri a New York non riconosce il diritto dei palestinesi di rivendicare la loro sovranità sulla propria terra storica. Sarà la capacità dei palestinesi di imporre una nuova realtà dei fatti, sia sul territorio che attraverso negoziati, a dare significato alla decisione dell’Assemblea Generale.
Se i palestinesi sono riusciti a lavorare per consolidare il voto dell’Assemblea Generale, questa risoluzione rappresenta un passo in avanti verso il riconoscimento a livello internazionale di tutti i loro diritti in qualità di Stato membro della comunità internazionale a tutti gli effetti. A questo scopo, è necessario che venga elaborata una risoluzione che riconosca i diritti e le esigenze dei palestinesi.
Inoltre, è importante non esagerare nel considerare la risoluzione come una garanzia per Fatah o per il presidente Abbas, specialmente dopo il successo ottenuto da Hamas a Gaza; per questo, molti credono che la campagna dell’Autorità Palestinese per pubblicizzare la decisione presa a livello internazionale serva ad orientare il potere verso la negoziazione, vista la “militarizzazione” adottata da Hamas.
Questa situazione non fa che acutizzare la divisione interna tra i palestinesi. E si tratta di un altro fattore pericoloso per la causa palestinese, al di là dell’occupazione israeliana.
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