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Palestina: un veto alle Nazioni Unite? Tanto meglio

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Di Carole Lyon. Courrier Internationale ( 17/12/2014). Traduzione e sintesi di Ismahan Hassen.

Per i palestinesi, questo mercoledì 17 dicembre ha rappresentato un passo decisivo e un’occasione per osservare come si sono evolute le posizioni internazionali a proposito della questione palestinese. Per la diplomazia israeliana, invece, la stessa giornata si è rapidamente rivelata un vero e proprio “mercoledì nero”, come ha constatato l’editorialista Ben Caspit su Al-Monitor.

In una sola giornata, infatti, “il sistema giudiziario europeo ha cancellato Hamas dalla lista delle organizzazioni terroriste; gli Stati membri della Convenzione di Ginevra si sono riuniti su richiesta della Palestina al fine di accettare numerose risoluzioni contro Israele; il Parlamento europeo si è poi pronunciato su una versione più soft di riconoscimento di uno Stato palestinese e, last but not least, il progetto di risoluzione palestinese è stato sottoposto al Consiglio di Sicurezza”. In breve, ha aggiunto Ben Caspit, “era da tanto che non si vedeva una simile offensiva diplomatica contro Israele”.

La decisione è stata presa. “Il progetto di risoluzione, sostenuto dalla Lega Araba e promosso in coordinazione con la Giordania – attualmente membro non permanente del Consiglio di Sicurezza – chiede la fine dell’occupazione israeliana in territorio palestinese entro novembre 2016”, ha spiegato il quotidiano panarabo Asharq al- Awsat.

Questo tipo di approccio viene fuori nel momento in cui, trovandosi dinnanzi alla situazione di stallo del dialogo israelo-palestinese, molti parlamenti europei hanno deciso di affrontare la questione e di pronunciarsi in favore del riconoscimento della Palestina, al punto che il primo ministro israeliano ha scelto di congedare dal loro incarico i ministri di centro, per concentrarsi sui suoi alleati di estrema destra, certamente più accomodanti verso la sua strategia politica ma che sostengono il mantenimento e lo sviluppo di insediamenti israeliani in territorio palestinese.

La Francia, sostenuta da Germania e Gran Bretagna, ha tentato di facilitare l’approvazione della richiesta palestinese, proponendo un testo senza termini di scadenza, per evitare un veto. Ma è il testo originale che sarà presentato all’ONU, ha affermato martedì un rappresentante dell’OLP, “che ci sia o meno la possibilità di avere i nove voti del Consiglio di sicurezza, la decisione è stata presa”. “L’obiettivo è quello di far pressione sugli americani e anche sui francesi, di modo che facciano una proposta seria e in fretta”, ha dichiarato una fonte diplomatica palestinese al quotidiano Asharq al-Awsat. Mercoledì mattina il ministro degli Esteri palestinese, ha affermato, che il testo presentato si basa in gran parte sulle proposte francesi. Senza specificare se sia stata mantenuta al suo interno la menzione di un termine di scadenza.

La mozione palestinese va dunque verso un veto degli Stati Uniti e, di fatto, verso uno stallo – con grande soddisfazione di Netanyahu, ma anche, sorprendentemente, di Mahmoud Abbas, spiega ancora Ben Caspit. Poiché per far fronte a questo veto, il presidente dell’Autorità Palestinese, potrà dire di essere costretto a “dover passare ad un piano alternativo: vale a dire, a riunire le diverse istituzioni delle Nazioni Unite […] e a trascinare Israele davanti alla Corte penale internazionale” per i crimini di guerra. Uno scenario che “permetterebbe ad Abbas di guadagnare la stima delle piazze palestinesi”.

Allo stesso tempo dalla parte israeliana, conclude l’editorialista, nonostante il fallimento della risoluzione, la pressione su Israele potrebbe finire per convincere l’elettorato (chiamato alle urne a marzo per elezioni anticipate) del fatto che “mantenere Netanyahu in carica non condurrà ad altro se non ad una situazione diplomatica infernale e senza speranza […] e che gli elettori hanno bisogno di trovare un leader in grado di ottenere il sostegno degli Stati Uniti, di condurre negoziati con gli europei, e, in particolare, di dialogare con i palestinesi”.

Non importa che la risoluzione non riesca.

Carole Lyon è giornalista e web editor presso il settimanale francese Courrier International.

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