Di Daoud Kuttab. Al-Monitor (24/04/2015). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti.
Finalmente, in data 20 aprile, anche l’UNESCO ha deciso di tirar fuori gli artigli e adottare una risoluzione che cerca di affrontare l’abituale apatia di Israele. Infatti, come continua a sostenere Elias Sanbar, il rappresentante permanente per la Palestina presso l’UNESCO, Israele, semplicemente, ignora le risoluzioni che sono adottate dagli organismi internazionali.
Per esempio, l’UNESCO non ha una rappresentanza permanente a Gerusalemme Est, nonostante questa richiesta sia stata più volte reiterata. Lo stesso Sanbar ha anche riferito che a questa decisione si sono opposti i delegati pro-Israele nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, come la Germania e gli Stati Uniti.
Non è chiaro perché la Germania abbia dimostrato tutta questa caparbietà ma, secondo alcune fonti, Berlino ha cercato d’introdurre in questa risoluzione venti cambiamenti sostanziali allo scopo di diminuire le clausole operative, senza promettere di voltarla una volta emendata. Inoltre, a differenza del Consiglio di Sicurezza, nel caso nell’UNESCO, nessuno Stato ha il potere di veto. Per quanto riguarda gli americani, invece, anche se il voto è stato negativo, la loro opposizione alla risoluzione, rispetto agli anni passati, è stata minore.
Nello specifico, sono presenti due risoluzioni che riguardano la Palestina, una sulla città vecchia di Gerusalemme e una sulla distruzione delle istituzioni educative nella Striscia di Gaza, a Betlemme e a Hebron. Oltre a ciò, vi sono anche delle conclusioni che criticano l’irruzione dei soldati israeliani nel complesso della moschea Al-Aqsa avvenuta lo scorso 30 ottobre e la devastazione dei portali e delle finestre nella moschea di Qibli.
Ci sono anche altre questioni in sospeso, come la chiusura e il divieto di restauro imposto da Israele al Portale di Rahma, una delle entrate della moschea Al-Aqsa, la costruzione del Kedem Center, un centro turistico d’accoglienza che dovrebbe sorgere nei pressi della facciata meridionale della moschea al-Aqsa, il progetto “Liba House”, sempre a Gerusalemme, e la costruzione di nuovi insediamenti che sono in contravvenzione con il diritto internazionale.
Infine, il consiglio dell’UNESCO ha raccomandato alla 197ª Assemblea Generale di usare l’espressione “Palestina Occupata” per riferirsi allo Stato Palestinese riconosciuto dall’Onu. La decisione è stata accolta con favore dalla Palestina e dalla Giordania, il cui Ministro degli Affari Esteri ha dichiarato che “Israele debba applicare le risoluzioni dell’UNESCO e le altre decisioni internazionali riguardo all’eredità culturale della città vecchia di Gerusalemme, che fa parte del Patrimonio dell’Umanità dal 1981 e del Patrimonio dell’Umanità in Pericolo dal 1982”.
In definitiva, secondo Sanbar la forza delle decisioni dell’UNESCO riflette una nuova fase in cui tutte le questioni sopraccitate saranno prese in considerazione in modo serio. A ogni azione, d’ora in avanti, corrisponderà una conseguenza.
Daoud Kuttab è un giornalista palestinese ed ex professore di giornalismo all’Università di Princeton.
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marzia
1 Maggio 2015mi spiace di questa situazione palestinese, non voglio scoraggiarvi, mi sembra un’altalena di una storia infinita fatta di promesse e parole, che rimarranno tali, ma si realizzeranno il momento che grazie alle attuali sanzioni americane inflitte alla Russia per spodestare Putin e company, sul Cremlino salirà la bandiera della luna, solo allora la Palestina raggiungerà il traguardo!
Però sarà un pace bagnata con il sangue dei popoli occidentali ed orientali, con la sconfitta materiale degli occidentali e la vittoria dell’Eterno sugli orientali che cambieranno bandiera in quanto non sarà più della luna..ma dell’amore universale, perché il centro della cristianità non sarà più Roma ladrona.. ma san Pietroburgo islamico e da qui il vero cristianesimo si espanderà su tutta la terra!
Marzia!