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Palestina: istigazione alla piromania

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Negli ultimi giorni si è assistito ad un improvviso aumento degli incendi in varie località israeliane, il primo ministro Netanyahu punta il dito contro la comunità palestinese

Di Gihan Fawzy. Al-Masry al-Youm (25-11-2016). Traduzione e sintesi a cura di Raffaele Massara.

Così come le fiamme dei tanti roghi, si accendono le discussioni sui social network, dove molti israeliani accusano i palestinesi di essere i fautori degli incendi, come forma di vendetta nei confronti della legge sull’adhan (legge che vorrebbe vietare in alcune zone il richiamo alla preghiera tipico dell’Islam), e di incitare altra gente a prendere parte a questa nuova forma di protesta, un’ennesima “intifada”.

“A bruciare è il nostro paese, i nostri alberi!”: questa la risposta dei palestinesi alla questione dei roghi, anch’essi angosciati dalle fiamme che bruciano le loro terre, case, storie e ricordi. In molti casi i fuochi interessano perlopiù le abitazioni degli arabi. Nonostante ciò, non sono stati rari gli episodi di solidarietà che hanno visto intere famiglie ebree essere ospitate dai vicini musulmani, con i migliori riguardi.

È difficile stabilire se dietro a tutti gli incendi di queste ore ci siano effettivamente nazionalisti intenzionati ad arrecare danni alla popolazione israeliana. Netanyahu non ha mai avuto dubbi sul fatto di essere di fronte ad operazioni terroristiche, ma gran parte dell’informazione e degli apparati di sicurezza è stata cauta sull’identificare i roghi come dolosi, dato che la siccità di queste settimane poteva essere il vero colpevole. Il premier israeliano, però, è andato avanti con le sue accuse, non risparmiando nemmeno i gli arabi cittadini d’Israele, questo malgrado le fiamme causino, come già detto, danni a tutta la popolazione.

In particolare il quotidiano Yedoth Ahronoth ha dapprima usato l’espressione “Intifada degli incendi”, in seguito quella di “terrorismo incendiario”, ciò non ha fatto altro che diffondere ambiguità e fomentare le accuse verso la comunità islamica, anche da chi prima era cauto. Certamente sui social si leggono messaggi di macabra gioia nel vedere “Israele bruciare”, ma accanto ad essi se ne trovano altri molto tristi nel constatare che la terra su cui da secoli vivono i palestinesi, stia andando stupidamente in rovina.

La “crisi degli incendi” ha però dimostrato tutto il contrario di quanto propinato con arroganza dal governo: cioè che ebrei e musulmani possono convivere e lavorare in pace. L’ospitalità dimostrata dagli arabi, nei confronti degli ebrei rimasti senza un tetto, è stata uno smacco a tutti coloro che volevano scacciare i palestinesi con l’accusa di essere criminali ed estremisti.

Così come importanti prove, riconducono gli incendi alla pura negligenza umana. I palestinesi stessi dovrebbero ora accusare chi ha sfruttato questi fuochi per alimentare le fiamme ancor più pericolose dell’intolleranza e del razzismo per ottenere voti facili: Netanyahu ed il suo governo razzista.

Gihan Fawzy è una giornalista egiziana di Al-Masry al-Youm.

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