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Palestina: interrompere o non interrompere la cooperazione militare?

Di Jessica Purkiss. Middle East Monitor (12/14/2014). Traduzione e sintesi di Omar Bonetti.

Mercoledì scorso, durante una protesta contro il muro di separazione tenutasi nei pressi di Ramallah, in Cisgiordania, ha perso la vita Ziad Abu Ein, un Ministro dell’Autorità Palestinese. Una delle possibili conseguenze dell’accaduto è arrivata per bocca di Jibril Rajoub, uno dei massimi ufficiali di sicurezza palestinesi, e di Saeb Erekat, il capo dei negoziatori palestinesi durante gli ultimi colloqui di pace con Israele, secondo cui l’Anp sta vagliando l’ipotesi di sospendere il coordinamento di sicurezza con Israele.

Tuttavia, simili dichiarazioni non sono nuove in seno alle autorità palestinesi. Infatti, nonostante Abu Mazen abbia più volte espresso il suo apprezzamento per il coordinamento di sicurezza come strumento per garantire il sacro interesse nazionale palestinese, altrettante volte, però, ha anche minacciato d’interromperlo. Per queste ragioni, Ali Abuminah, un analista e attivista americano di origini palestinesi, è convinto che la sospensione del coordinamento di sicurezza non sia che l’ennesimo “avvertimento vuoto” del leader palestinese.

Questo coordinamento non è un segreto. Anzi, i cosiddetti “Palestinian Papers”, la più grande fuga d’informazioni confidenziali sulle negoziazioni tra Israele e Palestina ha rivelato la sua portata. L’Autorità Palestinese, infatti, è stata creata durante gli accordi di Oslo come un ente ad interim che avrebbe portato la Palestina dall’essere un territorio occupato a uno Stato internazionalmente riconosciuto.

Per la Palestina, le due funzioni principali, cioè essere un veicolo per diventare uno Stato con pieni poteri e un mezzo per la costruzione delle sue istituzioni, però, sono verosimilmente fallite. Secondo alcuni, la ragione di ciò è che l’Anp sarebbe stata creata come un mero strumento di controllo alla mercé di Israele ed è sempre per questi motivi che molti palestinesi non nascondono che l’Anp sia il braccio dell’occupazione e quindi, sia un’entità cui opporsi.

Abu Mazen, nello specifico, non ha dubbi che il coordinamento possa renderlo un ottimo partner di pace agli occhi di Israele e che, grazie a esso, la Palestina possa godere di una migliore immagine in seno agli americani e agli europei, facilitando, così, il processo del suo riconoscimento come Stato e il mantenimento degli aiuti finanziari.

Per concludere, il coordinamento impone all’Anp di sedare ogni forma di protesta, punire i sostenitori di Hamas e arrivare a un fattibile status quo con Israele. Tuttavia, Abu Mazen, pur avendo guadagnato punti sotto il profilo diplomatico, si trova sempre più lontano dalle istanze del suo popolo e anche del suo partito.

 

Jessica Purkiss è una giornalista per Middle East Monitor e una reporter da Ramallah, Cisgiordania.

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