Dopo “5 Broken Cameras” di Emad Burnat e “Omar” del regista Hany Abu Assad la Palestina è di nuovo in scena agli Oscar. Il film “Ave Maria” del regista palestinese Basil Khalil è stato nominato per il più importante premio cinematografico del mondo nella categoria miglior cortometraggio.
L’opera racconta di un gruppo di suore palestinesi votate al silenzio, la cui vita tranquilla viene stravolta dall’incontro con una famiglia di coloni israeliani. “Le aree grigie hanno sempre suscitato il mio interesse” così il regista in un’intervista al The New Current parla della sua opera “perché è in queste zone grigie dove si trova le più assurde, umane e profonde storie di vita”.
La nomination del film di Basil Khalil è la riconferma internazionale della crescita del cinema palestinese. Sono molti infatti i film, cortometraggi, documentari e cartoni di autori palestinesi che hanno fatto parlare di sé nei più importanti festival cinematografici internazionali.
La Palestina è “una terra ricca, non solo di conflitto, ma anche di bellezza, di arte e di sperimentazione artistica e culturale” così la direttrice dello Yalla Shebab Film Festival spiegava la scelta di dedicare alla Palestina la quarta edizione dell’evento.
Parlare del conflitto, ma non solo: i film palestinesi utilizzano il linguaggio delle immagini per parlarci di una terra spesso sotto i riflettori, ma quasi mai con la giusta luce. Lo fanno con la comicità del documentario The Wanted 18, con la sfrontatezza dei cortometraggi dei registi Tarzan e Arab o con la stravaganza del film di Basil Khalil.
Add Comment