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“A Oriente del Califfo. A est di Raqqa: il progetto dello Stato Islamico per la conquista dei musulmani non arabi” a cura di Emanuele Giordana

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Dal blog Con altre parole di Beatrice Tauro

Il saggio di cui ci occupiamo nel blog odierno non è un libro sullo Stato Islamico, come sottolineano nella prefazione i curatori dell’opera. È un tentativo di capire se e come Daesh (ISIS) stia creando o meno consenso nella sterminata galassia di Paesi in cui è presente la religione islamica, ma estranei al mondo arabo.

Il lavoro, pubblicato da Rosenberg & Sellier, curato da Emanuele Giordana che ha coordinato diversi autori esperti di islam e dei paesi di volta in volta analizzati, prende le mosse dall’analisi dello Stato Islamico, dalle sue origini e dalla sua affermazione nei territori di Siria e Iraq. Vengono analizzate le figure di Abu Bakr al-Baghdadi e di Abu Musab al-Zarkawi, i due personaggi di riferimento nonché detentori del potere esclusivo nell’autoproclamato Stato Islamico. Nel ripercorrere le tappe della formazione del Califfato viene inevitabilmente analizzato il rapporto con Al-Qaeda, due realtà che si contendono uomini, risorse, soldi, affiliazioni, due feroci competitori nella scena del jihad transnazionale.

Interessante il capitolo relativo agli strumenti che il Califfato utilizza per la sua propaganda, con particolare riferimento a tutti i più diffusi social network e all’uso preciso e capillare della rete per diffondere il proprio messaggio e per incrementare il proselitismo.

Gli autori percorrono quindi la mappa mondiale, a oriente di Siria e Iraq, per rappresentare il livello di penetrazione degli uomini e delle idee del Califfo nei singoli Paesi, dalla Russia, alle repubbliche dell’Asia Centrale, dall’Afghanistan al Pakistan, dall’India alla Cina, dall’Indonesia alle Filippine, dal Myanmar alla Malaysia. Tutti i Paesi analizzati registrano la presenza più o meno numerosa di fedeli musulmani, e quindi rientrano nelle mire espansionistiche del Califfo diventando tutti potenziali bacini di radicalizzazione per l’affermazione globale di Daesh. La storia di ogni paese ci racconta però anche la presenza, più o meno diffusa, di anticorpi in grado di contrastare l’epidemia del Califfo, come nel caso dell’India, dove i fedeli musulmani sono 180 milioni e dove, almeno fino ad ora, non si sono verificati episodi di terrorismo riconducibili a Daesh, non solo per l’efficacia dei servizi segreti locali ma anche per un mix di storia, politica e cultura che ha influenzato il concetto di identità e di fede nell’islam locale, preservandolo dal contagio del fondamentalismo.

Di fatto, nella quasi totalità dei Paesi analizzati, il richiamo ideologico di Daesh va a sovrapporsi ad una situazione di tensioni interne e internazionali preesistenti rispetto allo Stato Islamico e che molto spesso riguardano questioni non direttamente ad esso collegate. Ne consegue che l’eventuale impermeabilità al contagio delle idee e della radicalizzazione fondamentalista risiede innanzitutto nella capacità dei singoli stati di affrontare e risolvere i problemi sia interni che esterni senza invocare lo spettro del terrorismo di matrice islamista.

“In questo il mondo intero può contare su un alleato involontario: la brutalità dello Stato Islamico. La sua repellente mancanza di umanità è talmente forte da respingere anche i militanti islamici più devoti. Un’opportunità che sarebbe follia non cogliere”.

 

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Beatrice Tauro

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