Editoriale. The Daily Star Lebanon (28/01/2014). Traduzione e sintesi di Viviana Schiavo.
Alcuni media internazionali hanno parlato ieri della delegazione dei “pezzi grossi” che il presidente Barack Obama ha portato con sé in Arabia Saudita, dove ha porto le sue condoglianze per la morte del re Abdullah bin Abdel-Aziz. Ma la sfiducia e il disagio percepito in Arabia Saudita nei confronti della politica degli Stati Uniti in Medio Oriente, sotto Obama, sono i veri “pezzi grossi” della storia.
L’agenda dell’incontro di Obama con i funzionari sauditi era molto piena, toccava tutti i punti caldi della regione, dalla lotta contro al-Qaeda e Daish (conosciuto in occidente come ISIS), ai prezzi del petrolio ed altre questioni. Era improbabile che una visita breve per rendere omaggio al re Salman potesse fornire il tempo necessario per discutere questi argomenti con l’attenzione che meritano. Alla fine, l’agenda si è ridotta ad una sola questione, ossia la ricostruzione della fiducia di Riyad nei confronti della politica estera degli Stati Uniti.
C’è un ritornello che viene ripetuto ogni giorno da Washington ed è: “Ci sono dei limiti a ciò che gli Stati Uniti possono fare”. Il problema, con quest’argomentazione, è che esistono pochi o nessun limite al riavvicinamento a senso unico dell’America all’Iran, mentre Teheran aumenta la sua partecipazione diretta o indiretta nei Paesi arabi. Ci sono pochi o nessun limite al sostegno di Washington a Israele su molte questioni importanti. Washington può mobilitare il mondo per prevenire la creazione di uno Stato palestinese, ma non è in grado di influenzare i politici israeliani abbastanza da bloccare gli insediamenti.
Se gli Stati Uniti si aspettano che altri Paesi rispettino la sua leadership e appoggino le sue numerose iniziative politiche e diplomatiche multilaterali, deve attuare un tipo di leadership degno di rispetto, e non tirarsi indietro quando c’è da lavorare duramente.
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