Di Randa Taqi Addine. Al-Hayat (06/03/13). Traduzione di Alessandra Cimarosti.
Il decimo anniversario dalla caduta del regime di Saddam Hussein dovrebbe essere, per il popolo iracheno e per la regione, motivo di grande gioia. Ma dieci anni dopo la guerra e l’ingresso delle forze americane in Iraq, la situazione politica irachena è molto lontana dall’essere piacevole. Le lotte tra sciiti e sunniti si sono aggravate, così come il conflitto nella zona curda. Il primo ministro iracheno, Nuri al-Maliki non ha più né la fiducia del suo governo, né quella del suo popolo. L’amministrazione americana ha lasciato il paese e Obama lo ha abbandonato al dominio iraniano e all’alleanza con il regime di Bashar el-Assad che se all’inizio era in conflitto con al-Maliki, come suo solito poi lo ha utilizzato per uccidere e schiacciare il proprio popolo.
Il settore petrolifero iracheno ha iniziato a ristabilirsi dopo anni di sanzioni imposte al regime di Saddam Hussein per più di un decennio che avevano proibito lo sfruttamento di giacimenti petroliferi enormi. Tuttavia, le infrastrutture per l’esportazione dal sud rimangono del tutto inadeguate, così come le leggi sullo sfruttamento del petrolio, per non parlare delle varie problematiche con la regione curda.
Le relazioni tra Arbil (città curda) e le compagnie petrolifere internazionali sono del tutto migliori rispetto a quelle tra il governo centrale e la Total francese e la Exxon americana le quali hanno iniziato a spostarsi nel nord, verso le zone curde, perché non sono riuscite a capire il governo iracheno. Il conflitto tra l’area curda e il governo centrale si sta facendo sempre più pericoloso per i ricavi del petrolio. Nonostante tutto ciò, i ricavi petroliferi raggiungono un centinaio di miliardi di dollari e i prezzi del petrolio rimangono ai livelli dei 110 dollari al barile. La corruzione però, dilaga in tutti i settori del paese. I racconti sulla corruzione e sulla concussione sono innumerevoli. Chi è andato in Iraq per lavorare racconta di grandi furti, di corruzione che impedisce la costruzione dei settori vitali del paese, da quello elettrico a quello dell’acqua. E vi sembra plausibile che un paese ricco di petrolio come l’Iraq continui ad affrontare problemi di corrente? Questo paese è ancora molto lontano dalla stabilità in termini di sicurezza. Quotidianamente sentiamo di esplosioni qui e lì, di morti e di tragedie catastrofiche.
Il presidente Obama ha consegnato l’Iraq all’Iran e al primo ministro che non esita a fare il servizio dei due regimi siriano e iraniano. Questa situazione in Iraq fa sì che ci si ponga delle domande riguardanti la politica di Obama nel Medio Oriente. Cosa vogliono davvero gli Stati Uniti? Senza dubbio l’invasione americana dell’Iraq, ai tempi di George Bush, è stata catastrofica, ma la politica di Obama e la sua ritirata dall’Iraq non sono state di certo migliori. La partenza delle forze americane non ha conciso con i tentativi di incitamento per una corretta esecuzione del nuovo governo in Iraq e non è stato un aiuto concreto per l’inizio di un processo democratico effettivo, senza l’interferenza iraniana che invece ha beneficiato del vuoto lasciato da Obama. La storia sarà severa per ciò che ha fatto Bush in Iraq, ma lo sarà anche per la politica di Obama in questo paese. È possibile che l’amministrazione Obama non possa far niente per evitare che al-Maliki sostenga Assad nella sua guerra incivile contro il suo popolo o per evitare un’alleanza con l’Iran?
La politica di Obama in Iraq e in Siria dove continua a mandare aiuti umanitari e a rifiutare di concedere armi all’opposizione, fa sollevare un sacco di domande. Cosa vuole Obama? L’alleanza con regimi come quello di al-Maliki o con il regime iraniano o ancora con i Fratelli Musulmani in Egitto è un pretesto del presidente americano pacifista che desidera ritirare le proprie forze dall’estero e proteggere l’amministrazione statunitense da regimi problematici e partiti che la spaventano come i Fratelli Musulmani. Obama ha una grande responsabilità nel fallimento dell’Iraq nel dopo Saddam.
E la sua responsabilità è anche maggiore nel caso della Siria, un altro disastro, solo per il fatto che lui non vuole un intervento militare, qualunque esso sia. Dopo la partenza delle truppe statunitensi dall’Iraq, al-Maliki non ha tardato a sbarazzarsi dell’ex vice presidente Tareq al-Hashemi, accusato di corruzione e più tardi ha emesso una sentenza di morte contro di lui. È strana questa democrazia nascente. Nella politica di al-Maliki ci sono molte pratiche dittatoriali subordinate all’Iran. È difficile immaginare come andranno le cose in Iraq, ma senza dubbio Obama, come Bush, ha fallito miseramente con la sua politica irachena.
Add Comment