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No alla normalizzazione dei rapporti con Israele

palestina israele
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Di Saif el-Din Abdel Fattah. Al-Araby al-Jadeed (18/03/2016). Traduzione e sintesi di Maddalena Goi.

Il ministro della difesa israeliano, Moshe Ya’alon, nel suo discorso di fronte la conferenza annuale della lobby sionista Aipac, ha confessato che Israele aveva progettato di rovesciare il presidente islamista Morsi in collaborazione con l’esercito, i servizi segreti egiziani e del Golfo e facilitato l’ascesa di El Sisi. Ha inoltre riferito che gli interessi israeliani saranno sempre con i regimi militari del mondo arabo, in particolar modo con l’Egitto. Ha anche chiesto alla lobby maggior sostegno politico dicendo: “Non c’è dubbio che Israele continuerà a sostenere questi regimi, poiché essi supportano il nostro paese”. E ha aggiunto: “Abbiamo permesso al generale El Sisi di prendere il potere in Egitto diventandone presidente. Anche l’Occidente l’ha considerata una mossa strategica per i suoi interessi”. Quello egiziano non è l’unico caso. Tali azioni rientrano nei piani e negli interessi sionisti in modo che sia più facile esercitare lo strumento del ricatto e perseguire così la strategia della normalizzazione.

Per quanto riguarda le relazioni tra gli Stati arabi e Israele, normalizzazione significa guidare questi Stati, le loro istituzioni e le persone nella realizzazione di progetti di cooperazione, scambi economici e commerciali, oltre alla promozione di una cultura di accettazione del nemico. Nel caso della politica di occupazione israeliana, la normalizzazione è diventata un mezzo per permettere lo sviluppo di relazioni tra l’aggressore e l’aggredito, ma in assenza di una giustizia e con la continua politica degli insediamenti nessuna situazione è da considerarsi normale.

Proprio in questi giorni si sente spesso parlare dei reati commessi quotidianamente da Israele e delle atrocità compiute in Palestina, oltre ai ripetuti attacchi alla moschea di Al-Aqsa. Ciò nonostante, sembra che le dichiarazioni dei governanti arabi e dei responsabili dell’Autorità Palestinese non siano altro che uno stato di prostrazione. A questo coro di sionisti partecipano anche molti scrittori e intellettuali dei paesi arabi che modificano la descrizione del nemico con espressioni di amicizia. Attuare la normalizzazione e sollevare Israele dalla politica del boicottaggio è parte di un vecchio sogno sionista. Secondo i leader di questo movimento, la nascita di Israele nella Palestina occupata corrisponde a normalizzare le relazioni fra le due parti con un rapporto legato da affetto e rispetto e l’eliminazione di qualsiasi contraddizione e ostilità.

Non è un segreto che il processo di normalizzazione nei rapporti tra Egitto e Israele, dopo il golpe militare del 3 luglio 2013, poggi su più livelli: politico, economico, di difesa e sicurezza, culturale e sportivo. Tale processo è stato raggiunto su più fronti tanto che è ora possibile parlare di fase di “post-normalizzazione”.

Tempo fa, si rimproverava ai media egiziani e arabi la mancanza di interesse per le campagne di boicottaggio contro Israele e le società a sostegno delle note multinazionali in tutti i paesi arabi. Ora, abbiamo diverse piattaforme mediatiche con cui possiamo attivare questa campagna in modo ordinato e con vari meccanismi di lavoro. Ad esempio, si può iniziare con l’adozione di una campagna unica coordinata tramite queste piattaforme che preveda l’assegnazione di regolari programmi contro il processo di normalizzazione. Ogni programma può scegliere un solo livello di cui trattare, economico o politico, di sicurezza o difesa, culturale o sportivo; così com’è possibile iniziare a preparare un numero di programmi speciali con l’obiettivo di richiamare e riattivare i mezzi di resistenza del paese.

Occorre far luce prima di tutto sul boicottaggio economico contro Israele e le società o multinazionali, come quelle di telecomunicazioni, che sostengono lo stato israeliano. Lanciarsi in questa impresa vuol dire considerare Israele un’entità sionista, un nemico usurpatore delle terre di un altro popolo. Non c’è differenza tra le aziende che forniscono servizi al pubblico israeliano e quelle che forniscono servizi all’esercito israeliano o ai coloni israeliani. Vergogna a chi permette alle società di fornire servizi a Israele, per non parlare delle aziende che lavorano nel campo alimentare, delle bevande e delle telecomunicazioni.

Sul versante esteri, è possibile che Israele prosegua la sua politica di insediamento in violazione del diritto internazionale, comprese quelle norme che riconoscono la realtà coloniale. C’è una disapprovazione universale alle politiche espansionistiche che compie Israele nei Territori Palestinesi, ma è possibile coordinare questa comune riprovazione lanciando una campagna in Europa e nel mondo. Certo, la resistenza alla politica della normalizzazione e ai suoi strumenti è parte stessa della resistenza al colpo di Stato.

Saif el-Din Abdel Fattah è uno scrittore e ricercatore egiziano.

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