Di Osman Mirghani. Asharq al-Awsat (19/11/2015). Traduzione e sintesi di Carlotta Castoldi.
Non ho dubbi che la stragrande maggioranza delle persone nel mondo islamico condanni il terrorismo con forza, rifiutando il suo pensiero, il suo approccio e la sua morale deviata; ma la condanna silenziosa non basta, non sentire la voce della maggioranza fa risuonare più alta quella degli estremisti e permette alle operazioni dei terroristi di mistificare l’Islam e offuscare l’immagine dei musulmani.
La voce islamica moderata dovrebbe alzarsi, affinché il mondo la senta e comprenda che i crimini degli estremisti non ci rispecchiano e, cosa ancor più importante, affinché i terroristi si rendano conto, nell’essere condannati ed emarginati, di non rappresentare questa grande religione e di non esprimersi a nome del miliardo e mezzo di musulmani presenti nel mondo.
Gli annunci di condanna e di biasimo da parte dei governi, dei media e delle istituzioni religiose non sono più sufficienti per far capire al mondo, e ai terroristi, che i musulmani rifiutano il “rapimento” della loro religione da parte di una minoranza perversa, portatrice di un’idea anomala e malata.
La stragrande maggioranza dei musulmani sono vittime del terrorismo, che distorce ed offende la loro immagine, il mondo li guarda con sospetto ed interpreta l’Islam come una religione di violenza e terrore; malgrado i tentativi di modificarla, questa immagine errata si è diffusa e si è via via solidificata al verificarsi di ogni attentato terroristico, specialmente tramite l’utilizzo ripetuto di espressioni come “il terrorismo islamico” e “i terroristi musulmani” e tramite la strumentalizzazione dell’ondata di islamofobia da parte dell’estrema destra in Occidente. Di questa atmosfera si nutrono poi ovviamente i terroristi, utilizzandola nella loro propaganda, al fine di attirare ancor più i giovani arrabbiati.
Quando il terrorismo ha colpito il turismo occidentale a Tunisi, in molti sono usciti per accendere delle candele sul luogo dell’attentato e hanno manifestato davanti alle ambasciate per dimostrare la loro solidarietà alle famiglie delle vittime e ai feriti, esprimendo il loro rifiuto del terrorismo e la loro lontananza da coloro i quali sostengono di uccidere sotto la bandiera islamica.
Quella scena ha trovato una risposta ed un eco all’interno come all’esterno, e si sarebbe voluto vederla ripetere in Egitto, e negli altri paesi del mondo musulmano, quando sono state uccise 224 persone nell’esplosione dell’aereo russo nel Sinai, o quando i terroristi hanno attaccato Parigi uccidendo persone innocenti nei ristoranti, nel teatro e nello stadio di calcio.
Invece il non sentire la voce della maggioranza musulmana lascia la scena agli estremisti, che approfittano di tutti palcoscenici, incluse le moschee, i siti internet e i social network, per diffondere il loro messaggio fallace.
C’è un altro fenomeno che non deve essere trascurato: a seguito di ogni operazione terroristica avente come obbiettivo un paese o una capitale occidentale, si innalzano nei social network e nei forum le voci di alcuni maligni acclamatori che non sono necessariamente estremisti. Queste voci, anche se limitate e discordanti, contribuiscono a diffondere l’impressione che ci siano molti musulmani simpatizzanti con la violenza dei terroristi e che giustificano i loro crimini, quando è evidente che qualunque uomo sano di mente inorridirebbe davanti a tali efferatezze.
Questa reputazione fallace non può essere rimossa dai comunicati dei governi e delle istituzioni ufficiali, ma si modificherà solo quando la maggioranza invierà un messaggio chiaro sull’innocenza dell’Islam rispetto ai crimini dei terroristi.
La battaglia contro il terrorismo è, in primissimo luogo, una battaglia che deve essere combattuta dai musulmani.
Osman Mirghani è un giornalista e opinionista sudanese.
I punti di vista e le opinioni espressi in questa pubblicazione sono di esclusiva responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente il punto di vista di Arabpress.eu
Per il giornalista:
Non esiste l’islamofobia, esiste una naturale prudenza nei confronti di una comunità che chiaramente non intende purgarsi rendendosi così complice dei misfatti di alcuni individui che la compongono. Non è sufficiente una generica “condanna”, occorre una diffusa, attiva e capillare opera di individuazione e denuncia alle autorità di tali elementi, che conduca alla loro cattura e giudizio secondo le leggi del paese ospitante.
Solo dopo questa “denuncia del fratello” ed a pulizia avvenuta potrà essere presa in considerazione una rivalutazione dell’immagine dell’Islam, immagine che non è “giusta, sbagliata o distorta”, è semplicemente quel che si vede, ovvero quella di una comunità che non ha alcuna volontà di insorgere concretamente e che si giustifica solo a parole (ed anche male).
Senza una differenziazione davvero eclatante l’intera comunità rimarrà omogeneamente colpevole e pericolosa.