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Mursi e il suo clan

Di Adel al-Toraifi. Asharq al-Awsat (27/06/2012). Traduzione di Angela Ilaria Antoniello

Non sorprende che i Fratelli Musulmani abbiano ottenuto la poltrona presidenziale dato che negli ultimi sei mesi il Partito Libertà e Giustizia – braccio politico della Fratellanza – si è rivelato capace di ottenere alte percentuali di voto sia all’Assemblea del Popolo che al Consiglio della Shura. Naturalmente, c’è stata preoccupazione  per un possibile annullamento, da parte del Consiglio Supremo delle Forze Armate, dei risultati delle elezioni a favore dell’altro candidato, Ahmed Shafik.

Mohamed Mursi, primo presidente civile della Repubblica d’Egitto, ha iniziato il suo discorso con una serie di versetti coranici e di preghiere più simili a un sermone del venerdì che al discorso di un presidente. Tuttavia, Mursi è stato capace di dare tre importanti messaggi al mondo esterno. In primo luogo, l’Egitto si è impegnato a rispettare i diritti umani e a rifiutare la discriminazione sulla base del sesso o del credo religioso; si tratta di rassicurare i paesi occidentali, diffidenti verso la presenza di fondamentalisti al potere. In secondo luogo, il neopresidente ha affermato che saranno mantenuti tutti i trattati e le convenzioni internazionali  sottoscritte dall’Egitto; un implicito riconoscimento del trattato di pace con Israele e una rassicurazione anche per gli Stati Uniti. In terzo luogo, Mursi ha sottolineato che l’Egitto non interferirà negli affari interni degli altri stati; questo impegno riguarda soprattutto le nazioni limitrofe ed i Paesi del Golfo.

A livello nazionale, Mursi ha fatto molte promesse agli egiziani, ha ribadito il ruolo della polizia e l’imparzialità del potere giudiziario, ha promesso di perseguire la trasparenza nell’operato dello Stato e di tutti suoi apparati. Nonostante la ragionevolezza di queste parole, sorgono dei dubbi sull’effettiva probabilità che i Fratelli Musulmani trasformino questo nuovo discorso in realtà. Dubbi fondati, visto che dagli anni ’70 la Fratellanza non ha rivisto l’ideologia o la metodologia del suo discorso politico ed educativo, anzi si può dire che la letteratura radicale di Sayyid Qutb è ancora presente nel suo approccio e nelle parole dei suoi teorici.

Ci sono domande legittime rispetto alla trasformazione in atto in Egitto: dobbiamo credere alle promesse dei Fratelli Musulmani o questi mentono? Abbiamo dimenticato la lunga storia dell’organizzazione e la sua politica perennemente incostante? Può il discorso del presidente Mursi essere considerato l’inizio del cambiamento intellettuale del gruppo e prova del suo futuro modo di governare?

Se si osserva da vicino il comportamento dei Fratelli Musulmani, dall’inizio della Rivoluzione ad oggi, emerge confusione, incostanza e talvolta anche improvvisazione. Hanno appoggiato pubblicamente i manifestanti solo dopo alcuni giorni, sono stati i primi a impegnarsi nel dialogo con il regime di Mubarak per poi tornare all’opposizione e chiederne le dimissioni. Una volta caduto il regime, hanno dichiarato di non voler prendere parte a nessuna commissione elettorale, ma hanno finito per competere in tutte; al momento delle elezioni presidenziali hanno detto che non avrebbero presentato alcun candidato, ma poi sono tornati sulla loro decisione. Per il momento, quindi, è difficile dire se terranno fede alle loro promesse o le infrangeranno ogni volta che ne avranno l’occasione.

In ogni caso, i prossimi mesi basteranno per lo meno a capire se Mohamed Mursi sarà fedele al suo clan principale, rappresentato da tutti gli egiziani, o al suo clan più piccolo, rappresentato dalla Guida Suprema dei Fratelli Musulmani e dal Consiglio della Shura.