Di Faisal al-Kasim. Al-Quds al-Arabi (03/06/2017). Traduzione e sintesi a cura di Raffaele Massara.
Se ai tempi dell’Impero Ottomano, il sultano aveva un mufti fidato che legittimava le sue scelte politiche a suon di fatwa, l’asservimento del clero allo Stato è quasi più evidente adesso, in particolare nelle dittature o nelle cosiddette “democrature”. È il caso della Siria, Paese in cui gli uomini di religione sembrano essere una branca dei servizi segreti – i famigerati mukhabarat.
I sermoni in moschea sembrano discorsi politici, come se la preghiera fosse un comizio, pura propaganda, e non misericordia, spirito e morale religiosa. Più nel concreto, il mufti che predica nella grande moschea Umaiyade di Damasco glorifica, un giorno sì e uno no, l’intervento militare russo nel suo Paese a favore del presidente Bashar al-Assad: intervento che ha causato decine di migliaia di vittime, disseminando morte, distruzione e inquinando il suolo con più di 77.000 bombe lanciate dai bombardieri russi, tutte di tipo diverso e di composizione chimica differente, con danni all’ambiente, oltre che alle persone, difficili da recuperare.
Tutto ciò è stato apertamente riconosciuto dallo stesso ministro della Difesa russo, ed anche i media pro-regime e lo stesso Assad, seppur timidamente, criticano spesso queste “scelte strategiche” dei loro alleati, riconoscendone gli sbagli. Perché il clero no? Perché da guida spirituale è diventata un organo del potere, la “trombetta del regime”?
Come già detto, già in passato chi comandava nominava un mufti ufficiale, che legittimasse il suo potere; non c’è da stupirsi che un dittatore al giorno d’oggi faccia lo stesso. Se da un lato il mufti scelto dal “sistema”, inneggia alla pace ed alla tolleranza tra religioni, dall’altro siamo difronte a discorsi imposti e per nulla sinceri, tutti al servizio del governo per carpire le simpatie occidentali.
Insomma, se in una qualsiasi dittatura o finta democrazia araba, il presidente decidesse di dichiarare proibito il piacere di ascoltare il cinguettio degli uccelli, avrà un mufti pronto ad appoggiarlo al livello religioso. Ma allora qual è oggi il ruolo del mufti: è la voce della religione o la frusta* del potere?
[*In arabo le parole “voce” e “frusta”, rispettivamente صوت e سوط, a livello fonetico si somigliano, n.d.T.]
Faisal al-Kasim è uno scrittore e giornalista siriano.
I punti di vista e le opinioni espressi in questa pubblicazione sono di esclusiva responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente il punto di vista di Arabpress.eu
Add Comment