L’opinione di Rai al-Youm. Rai al-Youm (24/03/2017). Traduzione e sintesi a cura di Raffaele Massara.
L’assoluzione dall’accusa di strage, dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak, sembra scrivere la parola “fine” alla rivoluzione del 2011 ed al progetto di cambiare l’Egitto dopo 30 anni di dittatura corrotta.
Dopo un processo pluriennale, Mubarak, il figlio e tutti i quadri del vecchio regime sono uomini liberi, mentre il primo presidente eletto del Paese, Mohammed Morsi, ed altri oppositori attendono le loro sentenze (pena di morte o ergastolo) dietro le sbarre.
Il processo nei confronti di Mubarak, in quelli dell’allora ministro degli Interni Adali e degli agenti che aprirono il fuoco, riguardava l’accusa di strage: furono uccisi circa 850 manifestanti pacifici, scesi in piazza per chiedere più diritti, più uguaglianza e dignità.
La sentenza di assoluzione non può che essere amara per il popolo egiziano. E sarà quasi impossibile vedere milioni di egiziani di nuovo in piazza Tahrir per protestare contro questa decisione: manifestazioni ed assembramenti sono pressoché proibiti e pericolosi con il nuovo regime dell’ex generale Al-Sisi. Difatti la dittatura di Mubarak non è mai sparita in Egitto, ha solo cambiato volto: un volto più violento, sfacciato e corrotto che continua a dissanguare il suo popolo.
La legge marziale è ancora in vigore e chi celebra la rivoluzione anche solo cantando il vecchio motto “vita, libertà e giustizia sociale” sa di rischiare il carcere.
Va detto che certi egiziani rimpiangono gli anni di Mubarak, arrivando a perdonargli alcuni “errori”, ma ciò è dovuto alle condizioni economiche, all’inflazione e ad alla disoccupazione oggi peggio che allora.
Si chiude una pagina epocale della storia egiziana, con la riabilitazione del dittatore che tanto opprimeva ed insultava la sua gente. Non deve però morire la speranza per una nuova alba di libertà e giustizia sociale.
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